Profili

Un gentiluomo di antichi e nobili princìpi

L’avvocato Giovanni Renda L’avv. Giovanni Renda, indimenticabile sindaco di Sambiase(a)
di Filippo D'Andrea

 Ai vespri del primo gennaio 2009 è passato alla Terra dei Giusti, con animo credente, l’avvocato Giovanni Renda. Qualche giorno prima egli mi aveva affidato un “mandato spirituale” che, in parte in questo scritto, tenterò di svolgere con timore e tremore, sia per la statura storica e morale della personalità, sia per il contesto sacramentale in cui ci troviamo.(1)

Siamo consapevoli che è morto uno dei maggiori personaggi pubblici del Novecento sambiasino e lametino, soprattutto del secondo dopoguerra, ultimo sindaco di Sambiase, e come tale tra i principali sostenitori del progetto dell’unificazione dei tre comuni nella città di Lamezia Terme.

Giovanni Renda, zio esemplare per un altro uomo di grande elevatura morale, l’avvocato omonimo e nipote, politico promettente Gianni Renda, morto a soli 31 anni, che in questa stessa chiesa madre venne salutato da tutta Sambiase in lacrime, nei primi di dicembre del 1983. Due testimoni cristiani che primeggiano nella storia di Sambiase, di Lamezia , e di tutta la diocesi.
La città di Lamezia sta dando l’ultimo saluto ad un galantuomo di stampo antico, gentiluomo di raffinato stile, giurista di antichi e ferrei valori, politico di trasparente moralità che riusciva a coniugare la difficilissima arte della politica con i principi della dottrina sociale cristiana. Possiamo affermare che fu un nitido testimone della carità politica, la più alta forma di carità cristiana, come scrissero i papi del secondo novecento. Uno dei rarissimi politici che non ci guadagnò con la politica, nel senso materiale (ricchezza e potere), anzi ci perse notevolmente, e questo aspetto deve essere chiaro e nel suo corretto senso evangelico. La perdita di beni terreni fu la verifica indubitabile del suo guadagno in beni morali e spirituali. “Lasciatemelo dire e ne sono orgoglioso – affermò nel suo ultimo intervento pubblico - io sono tornato a casa con le toppe al sedere”.(2) Quanti politici possono affermare ciò! La sua figura emerge nella storia dei cattolici politici nella graduatoria della coerenza etica, della profondità di fede, del coraggio dell’azione, della trasparenza evangelica.

La sua notoria bontà era sì un profilo caratterizzante la sua personalità, ma era ulteriormente irrobustita dalla sua incrollabile convinzione religiosa. La bontà è elemento manifesto della carità, e rende evidente il cammino sulla via del bene. La carità nell’Avv. Renda aveva radici profonde, ed era alimentata dalla sua granitica devozione verso il Santo della Carità e della Carità sociale, come venne definito dai Vescovi italiani.(3)

La carità politica di Giovanni Renda traspariva dalla sua persona, oltre che dalla sua azione amministrativa e pubblica. Gli piaceva citare Erodoto quando afferma che la “democrazia è anche amore, amore per la civitas, servizio senza interessi per la collettività”.

La carità sociale si manifestava della sua professione di avvocato: tante volte non prendeva il giusto onorario, perché misurava con amorevole sapienza le possibilità economiche dei suoi assistiti. Il nipote Gianni, aveva preso anche questa sensibilità etica dallo zio Giovanni. Nel suo contributo scritto nel volume sulla figura del nipote scrive: “Devo dire, per completezza, però, una cosa, e credetemi, è la verità: quando incominciai a dire che doveva chiedere gli onorari, quale pronta prestazione del lavoro, ciò lo tormentava”.(4)

Non posso fare a meno di appaiare i due Giovanni Renda, perché il nipote ha trovato nello zio un grande esempio e lo zio ha visto nel nipote la speranza entusiasta delle nuove generazioni che si candidano a dirigere la società verso il futuro. E pur se morto giovane, la sua testimonianza evangelica è rimasta nella memoria collettiva, anzi si è ulteriormente capita e irrobustita: il seme se non muore non può dare frutto. Con Gianni nipote abbiamo la conferma straordinaria di questa pericope evangelica. Ed è cartina tornasole della portata del suo riferimento politico e professionale, oltre che umano, cristiano e culturale, lo zio Giovanni.

Questi nel lontano 1944 l’avv. Giovanni a 22 anni, studente di giurisprudenza alla Sapienza della Roma appena liberata, ma ancora con i bagliori della guerra, frequentava la FUCI (Federazione Universitari Cattolici Italiani), fucina, appunto, delle classi dirigenti della seconda metà del Novecento italiano ed europeo, di cui il presidente era Giulio Andreotti, con Aldo Moro, Oscar Luigi Scalfaro (di origini sambiasine), Vittorio Bachelet, Giuseppe Lazzati, Giorgio La Pira che conobbe personalmente. In quel frangente Giovanni Renda partecipò ai combattimenti di porta s. Paolo, lui, cattolico in gruppo con altri giovani cattolici ed insieme ai partigiani comunisti uniti dall’ideale di liberazione contro i tedeschi nazisti e gli italiani fascisti.

Il mio primo amore con la politica – scrisse – esplose nel sentire un discorso di De Gasperi al Teatro Brancaccio di Roma il 23 luglio 1944 alla prima assemblea di costituzione della Democrazia Cristiana”. E sottolinea di quel discorso un concetto attualissimo: “la parola democrazia è stata sempre usata …. a denotare quella forma di governo nella quale la sovranità dello Stato è legalmente devoluta non ad una od a certe classi particolari, ma ai membri tutti della Comunità”.

“Ho voluto fare questo richiamo a De Gasperi – aggiunse - per dirvi che quel capolavoro di discorso politico fu per me come una trasfusione, entrò nel mio sangue e vi resta ancora senza ripulsa anche oggi”.

Appena laureato tornò a Sambiase nel luglio del 1944 dove fondò con alcuni amici, tra cui il magistrato Basilio Sposato che aveva redatto il programma, e l’avvocato Pasquale Cerra, la sezione della DC con più di 1000 iscritti.
La prima elezione democratica al comune di Sambiase lo vide eletto giovane consigliere, seguito dalla nomina ad assessore e vice presidente della provincia di Catanzaro fino al 1964.
renda2Mi raccontò con commozione, tra tante memorie, che appena eletto consigliere provinciale, nel 1952, si preoccupò fattivamente e personalmente di padri di famiglia senza lavoro, recandosi ripetutamente a piedi o in bicicletta presso lo zuccherificio di sant’Eufemia a chiederne l’assunzione, pur se stagionale, per poter dare un sollievo ai più poveri e disperati.
Giovanni Renda come ultimo sindaco della città di Sambiase, guidò con forte convinzione il comune verso l’unità municipale con Nicastro e S. Eufemia, la fondazione della nuova città di Lamezia Terme.
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La nascente Lamezia – scrisse - “Mancava di ogni infrastruttura: strade, acquedotti, scuole…”.

Egli fu relatore nel consiglio provinciale della pratica ius loci relativa alla progettazione dell’aeroporto di Lamezia, alla quale vi furono molte opposizioni, ma ci fu “l’interessamento poderoso” - sue testuali parole - dell’allora ministro dei lavori pubblici, il calabrese Giacomo Mancini.

Allora, “facevano la politica non i portaborse, ma persone che credevano nel suo valore, che si impegnavano perché la politica fosse al servizio dell’uomo”.(5)
renda4E quanto insegnamento in queste parole: “La nostra storia di cittadini italiani ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati. E concimati attraverso l’assunzione di responsabilità di tutto un popolo”. (6)

I Vescovi calabresi hanno inteso includere un brano della sua intervista sulla figura dell’alto magistrato Basilio Sposato nel DVD allegato agli atti del 4° convegno ecclesiale regionale sul tema “Fedeli laici testimoni nelle Chiese di Calabria” svoltosi il 3 novembre 2001. Egli disse del suo fraterno amico: “La sua dedizione alla politica ebbe uno sfondo eminentemente cattolico perché lui voleva fare un dovere da cattolico… non lo faceva per arrivare…”. Con le stesse parole con cui disegnò in estrema sintesi l’amico Basilio, giudice prestato alla politica, lo si può dire di lui.

Il cattolicesimo politico calabrese si arricchisce del dono di Lamezia Terme di figure elevatissime sotto il profilo etico-politico: Basilio Sposato, Gianni Renda e Giovanni Renda.

Voglio concludere con le ultime parole del suo ultimo discorso pubblico che hanno il respiro della profezia politica: “Ci potrebbe far riflettere sul fatto che la democrazia non è solo libere elezioni – quante libere? Non è soltanto progresso economico – qualche progresso e per chi? E’ giustizia! E’ rispetto della dignità umana oggi calpestata, dei diritti delle donne e dei poveri. E’ tranquillità per i vecchi e speranza per i figli. E’ pace”.

E quanto è vero il suo avvertimento: “maltrattare la politica, ridurla a mero esercizio di potere o peggio ancora a puro interesse personale, è un atto gravissimo che uccide la speranza”.(7)
renda5Grazie nobile avvocato ed indimenticabile sindaco Giovanni Renda per la tua luminosa testimonianza, che resterà fonte di ispirazione e d’impegno per costruire la città dell’uomo e di Dio in questa nostra splendida e difficile città di Lamezia Terme. Il pane di ieri è buono domani.(8)

 

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Note:

a) L'articolo è pubblicato sul mensile illustrato "Storicittà - rivista d'altri tempi",pp.24-27; anno XVIII,n.160,gennaio-febbraio 2009. Editore e direttore Massimo Iannicelli. Stampato da Tipografia Stampa Sud - Lamezia Terme (Cz).

1) Intervento ai funerali nella Chiesa Madre di Sambiase in Lamezia Terme, 2 gennaio 2009.
2) Saluto di apertura dei quattro convegni dell’Istituto Superiore di Cultura Politica. “Alcide de Gasperi – Giorgio La Pira”, il 14 aprile 2007, che si svolsero nell’Antica Sala Consiliare di Sambiase, che consegnò per iscritto, impossibilitato ad esserci fisicamente per il suo grave stato di salute.
3) Conferenza Episcopale Italiana, documento Chiesa italiana e Mezzogiorno. Sviluppo nella solidarietà, 1989, n. 38.
4) Filippo D’Andrea (a cura di), Un testimone nel quotidiano. Gianni Renda, Diocesi di Lamezia Terme – Commissione della Giustizia e della Pace, Lamezia Terme 1998, pp. 27-28.
5) Saluto d’apertura all’Istituto Superiore di Cultura Politica, del 14 aprile 2007, cit.
6) Ivi.
7) Ivi.
8) Cf. Enzo Bianchi, Il pane di ieri, Einaudi Ed. Torino 2008.