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Un uomo che non ha mai cessato di vivere: Il giudice Basilio Sposato

Il giudice Basilio Sposato

di Francesco Sisca

Chi muore completamente? Chi cade nell’oblio? Chi non lascia nulla di sé stesso, neanche un segno della vita vissuta. Il tempo non ha la forza di cancellare lo spirito che ha il potere di assumere una veste storica quando esprime un insegnamento di valori assoluti.

Al tempo in cui non c’era televisione, i nonni raccontavano le storielle prodigiose degli uomini che erano scomparsi da secoli. Un raccoglimento serale della famiglia antica che serviva anche ad arricchire la nostra mente di doni spirituali e di nomi intramontabili. E tanti di essi mi concedono i loro esempi per dare credito ai miei pensieri umani.

Ecco il motivo per cui vive sempre in me il Giudice Basilio Sposato che ci manca da molti anni. Era un uomo semplice, modesto e puro che operava per sostenere la verità. Quando mi capitò di trovarmi, per la prima volta, davanti a lui rimasi colpito dal suo comportamento umile e dai suoi tratti familiari. E subito nacque tra noi una simpatia cordiale che mi permetteva di stare vicino a lui serenamente. Aveva un ineffabile potere diffusivo! Sposato era un magistrato di raro valore, uno studioso instancabile, uno scienziato di riconosciuta statura, degno di essere annoverato tra i personaggi calabresi di maggior prestigio.

Basilio Sposato nacque il 6 dicembre 1914 a Sambiase. Egli era il frutto di una famiglia, i cui genitori, don Vincenzo e donna Vincenzina Mascaro, portavano avanti il vissuto interiore dei loro antenati, i modelli intemerati della vita quotidiana, la certezza dell'esistenza di Dio.
La mamma era una donna della divina provvidenza, ricca di virtù naturali, ammirevole per la sua infinita bontà, per la sua dolcezza e per la sua pace interiore. Io la conobbi un giorno in cui andai a casa sua, accompagnato dal comune parente Luigino Mazzotta, medico di fiducia. Mi rivolse poche parole che mi bastarono per liberarmi da uno stato di timidezza inverosimile e a capire la disposizione benevola d'ogni suo atteggiamento. I suoi occhi erano "festosi" nel vederci bene assieme al suo Basiluzzu.
Sambiase era un importante centro agricolo della Calabria, un paese di testimonianze storiche, dove le vecchie case in pietra raccontano ancora un passato di civiltà antica, mentre le viuzze, le scalinate, i vicoli pittoreschi richiamano l'attenzione degli appassionati delle opere d'altri tempi. II Giudice Basilio Sposato fin da piccolo nascondeva un tesoro di proporzioni incalcolabili: era uno zampillo di una sorgente pura, maestosa. Dimostrava un indomabile slancio di concretezza, una volontà costante che gli permetteva di arrivare dove voleva. Era un ragazzo che si costruiva la vita quotidianamente: a scuola e fuori. Dovunque portava il suo amore operoso, un'attività animatrice di bene, perché metteva in pratica una eredità di buoni costumi. E tutti gli volevano bene e tutti lo cercavano, come potevano cercare un raggio di sole per dissipare la foschia di un giorno annebbiato.

A scuola non trovava ostacoli da superare, andava avanti con la stessa ammirevole cadenza, dalle classi elementari al liceo classico, che frequentò a Catanzaro, all'Università. Si laureò il 1937 a Roma in giurisprudenza e subito dopo (1939) vinse il concorso in magistratura, classificandosi al primo posto. E iniziò il suo lavoro professionale, con impegno e con grande scrupolosità per una carriera luminosa, a Milano e poi continuò a Nicastro, a Crotone, a Catanzaro, a Cagliari, a Roma. Durante la sua prestigiosa attività in magistratura rimase sempre lontano da tutto ciò che sapeva di vanità e di mondanità, schivo com'era di onori e di chiasso. A Nicastro esercitò il suo mandato presso l'Ufficio Giudiziario come Giudice Istruttore, a volte, però, gli veniva assegnato il compito di esplicare le funzioni di Giudice Civile e Penale. E si distinse per la sua profonda preparazione professionale, per il suo grande equilibrio e per i suoi sentimenti umani.

Dopo pochi anni di servizio irreprensibile, fu destinato alla Corte d'Appello di Catanzaro, come applicato. Successivamente si presentò al concorso per le funzioni di Appello e risultò uno dei pochissimi vincitori. Da Catanzaro a Roma (1967) alla I Sezione Civile e alle Sezioni Unite. Svolse un lavoro nitido e incisivo che lo rese molto noto in tutti gli ambienti giudiziari.

Da Roma a Cagliari (1976) per reggere la Procura Generale della Corte d'Appello della Sardegna, dove lasciò una scia luminosa di sapere, di capacità intuitive e di buon senso. Ma Basilio Sposato continuava la sua ascesa verso le più alte vette della Magistratura italiana. Infatti, nel 1980 ritornò a Roma per prestare la sua valida opera come Presidente della Suprema Corte di Cassazione. Dovunque con saggezza, con passione, con totale dedizione per concludere la sua giornata mirabilmente operosa.

Dovunque lasciò un segno incancellabile di sé, del servizio prestato con chiarezza dottrinale sicura e con insuperabile abnegazione. E quanti elogi meritati! S.E. Enrico Carlomagno, primo Presidente della Corte d'Appello di Catanzaro, così lo definì: «Magistrato di eccezionale valore per il suo intelletto poderoso, per la sua dottrina vasta ed a grande ondate, per la sua alta e nobile spiritualità, che molto onorano il giovane Magistrato e l'ordine cui appartiene».
Basilio Sposato si dedicava anche alla cura delle anime con grande vitalità, con santa pazienza e con convinzione. Operava con la sua fede integra ed aperta, con decisione e con saggezza per indicare a tutti il cammino verso la vera luce.

Dopo la morte del padre, un galantuomo d'altri tempi, (14 luglio 1944) accettò volentieri di sostituirlo nella carica di Correttore del Terz'Ordine dei Minimi di Sambiase. Nelle adunanze evangeliche riusciva poi a farsi ascoltare, ad essere seguito con devozione, perché aveva doni per tutti: la parola, il sentimento, l'idea, il consiglio buono. Con la sua fede sincera e con le sue sentite preghiere sapeva trasmettere agli altri una visione di un mondo giusto, dove tutto vive, tutto vibra, tutto è amore. Cresceva così in lui il desiderio di offrire qualcosa di più al Signore. Ed eccolo nell'Azione Cattolica, come Presidente della Giunta Diocesana per applicare l'eterna insostituibile legge dell'amore. Alle prediche preferiva soccorrere i poveri, aiutare i sofferenti, gli orfani, gli ammalati. Condannava, senza reticenze, il peccato e spronava tutti ad una vita pura, alla carità.
Diceva sempre: «II punto di saldatura tra fede e le opere è la carità». Scrisse, tra l'altro, La logica della vivente unità, un articolato di profondo studio filosofico, edito dalla Casa Editrice Noccioli di Firenze, con la prefazione del noto Maestro Aliotta, autore di diversi testi scolastici di filosofia che allora si studiavano anche nel liceo classico Galluppi di Catanzaro. Aliotta definiva interessante il lavoro filosofico di Sposato per il suo contenuto espressivo e spirituale.
Di Sposato restano anche diversi saggi importanti sulla preparazione teologica e sull'impegno apostolico dei laici cattolici. Essi rappresentano una eredità preziosa dei suoi pensieri illuminati, destinati a continuare con lui l'opera inarrestabile nel mondo della Chiesa. Tutti gli scritti di Sposato erano una realtà di vita vissuta nel pensiero e nell'azione, una lezione di apostolato cristiano, un trattato pedagogico, col quale metteva in luce il motivo della sua religiosità, della fede di un popolo, educato da due millenni al cristianesimo.

Sposato era convinto che le false ideologie non possono far palpitare l'anima dell'uomo che si considera originato da Dio e, pertanto, capace di farsi protagonista di grandi imprese d'amore e di cultura. Chi s'inserisce nella scia luminosa della prima comunità cristiana, nella quale i fedeli condividevano il pane ed anche la tavola quotidiana, cerca di perfezionare il vincolo dell'unione nella carità di Cristo.
Nel 1968, proposto per la candidatura a deputato, non voleva accettare, ma dopo varie insistenze dei suoi estimatori, si arrese. Purtroppo in politica la cultura e il patrimonio umano e morale valgono ben poco e il Giudice Sposato non fu eletto. Una sorpresa per tutta la gente onesta, assennata e saggia che così commentava quel risultato: «È un segno di decadenza morale e civile». Sposato rimase un po' amareggiato, ma non ne fece un dramma. Continuò a vivere la sua umanità vera, capace di profondi e durevoli affetti. La sua affabilità lo rendeva sempre disponibile ai bisogni di tutti.

Dopo una vita di servizio fecondo e appassionato si spense a Roma quando nessuno se l'aspettava, vicino alla moglie Rita e ai figli Francesca e Pietro che amava teneramente e per i quali aveva una particolare disposizione interiore che sapeva d'affetto insuperabile. La dolorosa notizia arrivò poi nelle case dei suoi amici e parenti e la sua morte fu vissuta dovunque come un lutto di famiglia.

Ora che non c'è più vive anche nel silenzio puro e sacro della mia dimora solitaria. E vivendo con lui ho sentito il bisogno di scrivere di lui e l'ho fatto con il cuore palpitante di commozione. Ricordandolo ho risentito le sue parole calde e generose che mi davano tanta sicurezza, approfondivano il mio modesto sapere, mi facilitavano la scoperta della verità, mi aiutavano a placare l'inquietudine della mia sera. Ancora mi vengono in mente i suoi sussurri eloquenti: «Come si fa a contemplare il cielo stellato senza ammettere l'esistenza di Dio?» Ed ancora: «Tutte le creature arrivano nel nostro mondo uguali». «La vita terrena è breve anche quando dura più di cent'anni, quella dopo la tomba è eterna». «Onestà e lavoro sono le virtù che sorreggono lo spirito umano, facilitano il vivere tranquillo». «La condotta esemplare dell'uomo è una predica senza parole che convince di più gli altri».

A volte mi ripeteva alcuni concetti di personaggi famosi per la loro dottrina di grande considerazione e per le loro argomentazioni me-ditate profondamente. Di Giordano Bruno: «Cieco, chi non vede il sole; stolto, chi non lo conosce; ingrato chi nol ringrazia». Di Emily Bronte: «Quale scopo avrebbe la mia creazione se io mi esaurissi completamente qui». Di Pier Giorgio Frassati: «La morte non è che un passaggio semplicissimo dalla vita alla vita e non si deve mai, in nessun caso, spaventare. Come sto bene quando mi vengono in mente certi pensieri luminosi! Una inconcepibile effusione di elevazione spirituale dilata la mia anima ed io sorrido di gioia». Di Ugo Foscolo: «Rapiam gli amici una favilla al sole / a illuminar la sotterranea notte /perché gli occhi dell'uom cercan morendo /il sole; e tutti l'ultimo sospiro/ mandano i petti alla fuggente luce».

Sposato soffriva tanto quando pensava alle grandi sperequazioni, alle tremende ingiustizie del nostro mondo. Per questo motivo si adoperava per un solo scopo: servire sempre di più il popolo e il Signore.

 

Nb: L’articolo è tratto dalla rivista d’altri tempi “Storicitta” (direttore ed editore Massimo Iannicelli) pag.32/36, anno IX n°90 settembre 2000, Stampasud Lamezia Terme. E' severamente vietata la riproduzione salvo autorizzazione: email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..