Cronache Risorgimentali

Il Gen. Francesco Matarazzo

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fmatarazzodi E.Borrello

Nacque in Sambiase il 3 luglio 1811, da Domenico, Capitano, e da Grazia Tarantino. Giovinetto ancora, mostrò così viva inclinazione per la carriera militare che il 15 gennaio 1827, non ancora sedicenne, abbandonava gli studi per arruolarsi volontario nel reggimento Real Napoli. E quivi aveva inizio il suo lungo tirocinio nella vita militare.

L'8 luglio dello stesso anno veniva promosso Caporale; 1'8 giugno 1828, Furiere; il 20 giugno 1830, Secondo Sergente; il 7 novembre 1838, Primo Sergente; 18 giugno 1843, Portabandiera;
il 5 maggio 1844, Aiutante; il 14 febbraio 1845, Aiutante e Alfiere, e come tale trasferito, il 21 agosto 1847, nel 2° Reggimento Granatieri della Guardia Reale.
Ma le sue tendenze liberali lo avevano, già da tempo, messo in relazione coi più fulgidi nomi del nostro Risorgimento. E fu così che conobbe Carlo Poerio, Enrico Cosenz, Mariano d'Ajala,
Domenico Romeo, Vincenzo Marsico, Giuseppe Del Re, Antonio Plutino,Stocco, Spaventa, Dragonetti, Baldacchini, ecc. ecc.: tutta l'aristocrazia morale e intellettuale napoletana.
Nel 1848, alla rivoluzione di Milano e di Venezia fa seguito la guerra contro l'Austria. Il Borbone viene costretto a inviare in aiuto a Carlo Alberto un Corpo di Armata. Lo comanda il Generale Guglielmo Pepe. Vi si uniscono due Battaglioni di Volontari, il 2° dei quali comandato da Francesco Matarazzo, col grado di Maggiore. Il 27 aprile parte il Matarazzo col suo Battaglione, sulla Fregata Carlo III e il 2 maggio sbarca ad Ancona. Il 6 maggio marcia verso Bologna, accolto col più vivo entusiasmo dalle popolazioni di Romagna, che fanno a gara per ristorare e alloggiare i fratelli napoletani. Ma a Napoli accadono i gravi fatti del 15 maggio e Ferdinando di Borbone ordina alle sue truppe di rientrare.
Il 22 maggio giungeva in Bologna il Generale Scala col Capitano De Angelis: ordine del Re di far immediatamente ritirare le truppe in Napoli.
A tale notizia grande fu l'indignazione dei Bolognesi, del Generale Pepe, dei Volontari e del Matarazzo. Pepe presentò le dimissioni allo Statella e prese le disposizioni per la ritirata delle sue truppe, ma i Bolognesi si sollevarono a tumulto per sorprendere queste ultime al passaggio del Po. E si dovette all'opera di persuasione e di previggenza di Pepe e di Matarazzo se gli stessi Generali napoletani Statella e Scala non furono sacrificati al furore della popolazione.
Matarazzo allora passò il Po col suo battaglione, al quale si unì una batteria napoletana, comandata dal Capitano Petrinelli, suo amico. E s'incamminò per unirsi al Corpo del Generale Durando.
Ma, giunto a Rovigo e appresa la capitolazione di Vicenza, ripiegò su Venezia, dove giunse il 16 giugno. Il 23 dello stesso mese assumeva il comando di tutta la linea degli avamposti del Brenta, ove la fucileria nemica non tacque mai, nè di giorno, nè di notte, e dove tuonava spesso il cannone.
Venne, quindi, richiamato a Venezia, dal Generale Sanfermo, sotto i cui ordini serviva, il quale con lettera del 1° settembre, lodava Francesco Matarazzo e i volontari napoletani colle seguenti parole:
«Trovandosi Ella agli avamposti, quando venni richiamato a Venezia, non potetti manifestarLe, come pur desiderava, il dispiacere vivissimo che provai nel separarmi da un Corpo (2° Battaglione Napoletano) che mi diede sempre prove non dubbie di buona condotta e di valore, e quanto mi riuscì sensibile l'allonta-namento del suo degno Comandante».
Il 7 luglio Francesco Matarazzo fu all'espugnazione, per sorpresa, del forte di Cavanella d'Adige, diretta dal Generale Ferrari, esule da Napoli e compagno del Durando anch'egli esule dal Piemonte, e con cui aveva combattuto nelle guerre d'Africa, di Spagna e di Portogallo.
Il forte non fu espugnato, perché gli Austriaci non si fecero sorprendere, ma nel combattimento innanzi agli spalti del forte stesso, gli Austriaci ebbero 85 morti e 117 feriti. Il Generale Ferrari, con sua lettera del 31 luglio, faceva i più alti elogi al Matarazzo.
Il 23 luglio, dopo la ricognizione offensiva a Ca-Bianca, che durò sei ore e nella quale gli Austriaci furono respinti da tutti i posti avanzati ed ebbero parecchi morti e feriti, il Presidente del Comitato di Chioggia, in data 26 luglio, gli scriveva:
«In seguito alle relazioni avute dal sottoscritto Presidente sulla distinta di Lei bravura ed intrepidezza nell'affrontare il comune nemico, questo Comitato ben volentieri aderisce alla ricerca fatta da Lei, prode Sig. Maggiore, di avere un numero di Stutzen in cambio di altrettanti fucili».
Il 24 luglio comandava l'avamposto centrale di Ca-Pasqua e lo difese strenuamente contro un attacco del nemico, che' durò cinque ore. Il Capo dello Stato Maggiore, in data 29 luglio, gli scriveva:
«S. E. il Generale in Capo ha sempre avuto occasione di lodare il suo zelo nel servizio, e il coraggio che ha sempre mostrato nei rincontri, e nell'ultimo attacco del 24 luglio ne ha fornito novella prova, su di che l'E. S. mi ha incaricato di esternarLe il suo compiacimento».
Il 28 aprile 1849 Matarazzo attaccò il «blockhaus» di un villaggio chiamato Desert, sulla riva destra dell'Adige, mettendo in fuga il nemico e prendendo un vistoso bottino, che fece traspor¬tare a Brondolo.
Il 24 maggio protesse una requisizione per vettovagliare la Piazza, respingendo tutti gli avamposti nemici, che erano sulla riva destra dell'Adige, alla destra del Canale di Valle, ed occúpando per nove ore il posto di Cavanella d'Adige, ove sostenne un vivo fuoco di fucileria.
Il 22 giugno, durante la disperata difesa di Venezia; la Presidenza del Governo Provvisorio nominò Matarazzo Comandante in prima del forte di Brondolo. Ad evitare, poi, che nella città assediata si verificassero disordini, il Capo di Stato Maggiore gli fece pervenire il seguente telegramma: «Per le circostanze attuali difficili in cui si trova la città, S. E. il Generale in Capo, avendo bisogno di un Ufficiale Superiore risoluto e pieno d'intelligenza, ha giudicato opportuno nominarvi Capo, coll'incarico di mantenere l'ordine nella Piazza».
Essendo esauste le finanze di Venezia verso la fine dell'assedio, Matarazzo rinunziò al suo stipendio di lire 238 mensili, a favore della città. E il Governo Provvisorio, così lo ringraziava:
«Il Governo ha ricevuto con la più viva riconoscenza la vostra offerta di lire 238 al mese sul vostro stipendio in favore di Venezia e vi prega di accettare i più alti elogi ben meritati, per un'azione così generosa».
Intanto, la mancanza di munizioni e la fame e il colera costrinsero il Governo Provvisorio a'capitolare. E Matarazzo fu aggiunto alla Municipalità di Venezia per mantenere l'ordine e la tranquillità pubblica, e ciò fino al 20 agosto, giorno in cui, sgombrata interamente la città dalle milizie italiane, alle quali aveva fatto rilasciare apposito passaporto, Francesco Matarazzo, coll'animo stretto da angoscia, partì anche lui per l'esilio. Qualche giorno prima il Generale Pepe gli aveva scritto:
«Mio caro Colonnello Matarazzo,
Venezia è caduta per mancanza di viveri e di polvere. Io non voglio allontanarmi da voi, senza farvi conoscere che nei 14 mesi in cui abbiamo combattuto con estremo coraggio questa campagna, io ho ben motivo di dichiararmi soddisfatto dell'energia e del valore che voi spiegaste in tutte le occasioni. Allorché le circostanze cambieranno in favore dell'Italia, io sono sicuro che voi non mancherete a sostenere la causa comune».
Il 21 agosto Matarazzo s'imbarcò sul Brick Buonasorte, per il Levante e il 4 ottobre arrivava a Patrasso e, quindi, ad Atene. Il disinganno, l'afflizione, la povertà, i mali, insomma, che travagliano gli esuli, non affievolirono in lui il rispetto che si deve alla virtù, e volle andare a visitare l'ossario, dove erano gli avanzi di Marco Botzaris e dei prodi che combatterono e caddero per l'indipendenza della Grecia.
Trasferitosi, nel settembre 1850, a Costantinopoli, l'ambasciatore inglese, Lord Stradfort de Rédcliff, gli disse che poteva farlo ammettere nell'esercito ottomano col grado di colonnello, senza obbligo di abbracciare l'islamismo, ma che doveva però assumere un nome mussulmano, vietando il Corano ai soldati turchi di obbedire a stranieri. E Matarazzo rifiuto un grado che si doveva ottenere ad una condizione da lui reputata ignobile. E andò in Persia a Teheran. Lo Scià lo fece chiamare e gli conferì il grado di Generale, coll'incarico di riorganizzare e istruire l'esercito persiano.
- Se abolirete le legnate per gli ufficiali - gli sì disse - non riuscirete.
Egli le abolì ed organizzò ed istruì l'esercito.
Fu lodata l'opera sua dal sovrano, dai sudditi e dagli europei residenti in Persia e fu nominato Grande Ufficiale del Sole e del Leone.
Scoppiò nel frattempo la guerra tra la Russia e la Turchia e Matarazzo concepì il disegno, d'accordo col ministro inglese presso il governo persiano, di riconquistare allo Scià le province che gli aveva tolte l'imperatore di Russia. La proposta fu subito accolta e Matarazzo riunì nel Piano di Doultanico,(2) distante tre giorni dall'Arax, 29 reggimenti di fanteria, 12 mila soldati di cavalleria e 600 bocche da fuoco. Egli ne assunse l'intero comando. Ma, mentre aspettava il momento di passare l'Arax, una improvvisa macchinazione fece fallire il suo piano. Il Sadrazan, primo ministro dello Scià, corrotto dall'oro russo, tanto intrigò che fece sgombrare il campo col pretesto che vi infieriva il colera. E gli intrighi non finirono qui. Il Sadrazan e il ministro di Russia fecero insultare il ministro inglese allo scopo di provocare una scissura tra l'Inghilterra e la Persia.
Il governo inglese, infatti, fece venire dalle Indie un corpo d'armata, con l'ordine di sbarcare a Bender-Aras, sul Golfo Persico.
Il Sadrazan pretendeva scaltramente che il Matarazzo si mettesse alla testa dell'esercito persiano e respingesse gl'inglesi, e gli offriva intanto il titolo di Generalissimo. Matarazzo rifiutò sdegnosamente. Egli non si sentiva di combattere contro una na-zione libera, al cui fianco, nella terra di Crimea, sventolava la bandiera italiana.
Il Sadrazan ne fu estremamente irritato ed iniziò una guerra subdola contro il Matarazzo. Il quale capì che non poteva più re-stare in Persia e, sebbene più volte sollecitato dallo Scià a recedere dal suo proposito, partì per Costantinopoli, dove godette della più ampia ospitalità.
Nel 1859 scoppiò la Seconda Guerra d'Indipendenza Italiana e Matarazzo si pose immediatamente in viaggio per l'Italia, ad offrire la sua spada a Vittorio Emanuele. Si presentò al Conte di Cavour, il quale lo inviò a Modena dove era il dittatore Carlo Farini, con queste parole: - Ecco l'uomo che mi chiedete.
Matarazzo riebbe il grado di Colonnello e fu incaricato di organizzare il 1° reggimento della Brigata Modena, che, poi, avvenuta l'annessione, fu il 41° fanteria. Il 21 dicembre fu posto a disposizione del Comando Generale delle truppe di linea formato nell'Italia Centrale, ed il 22 febbraio 1860, per l'unione dei Corpi, fu messo in disponibilità. Intanto, avvenuta l'annessione degli Stati Centrali al regno di Vittorio Emanuele, Matarazzo, con decreto reale del 25 marzo, venne aggregato nell'armata sarda.
Nel maggio successivo, mentre Garibaldi si accingeva alla leggendaria impresa dei Mille, Francesco Matarazzo veniva man-dato dal Cavour a Napoli per osservare e riferire sulle complica¬te condizioni politiche del reame.
Tornato a Torino, fu inviato nelle Marche, ove si combatteva, e fu latore di dispacci del Cavour al Re, al Fanti e al Cialdini.
Quando Vittorio Emanuele entrò nel reame di Napoli, Francesco Matarazzo ritornò nella sua prima Patria e il 24 dicembre veniva destinato al comando del distretto di Nola. Successivamente fu nominato Comandante della Terra di Lavoro e, scoppiati dei disordini in provincia di Cosenza, a causa di quel Governatore,vi fu mandato con pieni poteri civili e militari, perché vi ristabilisse l'ordine. E Matarazzo vi riuscì appieno, non con le armi, ma col fascino delle sue qualità.
Richiamato in servizio effettivo nello Stato Maggiore, fu, con decreto 2 aprile 1861, nominato Comandante della provincia di Capitanata, nella quale infieriva il brigantaggio. Il Prefetto scrisse che non aveva bisogno di altre forze, bastandogli il Matarazzo colle sue truppe.
Il 1° aprile 1862 fu trasferito colla stessa carica in provincia di Bari.
Con decreto reale del 1° ottobre venne, infine, nominato Comandante Militare della intera provincia di Napoli.
Il 28 novembre 1867, fu promosso Maggior Generale nello Stato Maggiore delle Piazze, e con questo grado, il 1° gennaio 1871, collocato a riposo, per età e per servizio. Il 3 ottobre 1875, eccolo nominato Aiutante di Campo Onorario del Re e, nel 1883 (17 giugno), Presidente del Consiglio d'Amministrazione dell'Orfanotrofio Militare di Napoli, della quale città era anche Consigliere Comunale.
Morì a Napoli, il 14 luglio 1893.
Francesco Matarazzo, oltre che dell'Ordine persiano del Leone e del Sole, era decorato della Commenda dei SS. Maurizio e Lazzaro e della Corona d'Italia, e aveva ancora nove medaglie, tra estere e nazionali, e quattro altre medaglie civili(3).

 


Note:
1) Tutte queste notizie sono state attinte da:
a) «Storia Generale». Parte che comprende gli cato a Genova nel 1863.
b)«Memorie Militari del Mezzogiorno d'Italia» di G.Ferrarelli con prefazione di B. CROCE.
c) «Enciclopedia Militare». Vol.V, ad nomen. Milano, Ist. Editoriale Scientifico, 1933.
d) «Dizionario del Risorgimento italiano» dir. da Michele Rosi. Vol.III, Vallardi, Milano, 1933.

 

2) Non siamo riusciti a decifrare meglio la parola, in un manoscritto poco leggibile.
3) Pubblicato sul «Giornale d'Italia» del 18-10-1941.

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(*) da Sambiase,Cap.V,pagg.209/305,Temesa Editrice 1988
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