Cronache Risorgimentali

Giovanni Nicotera

gnicoteraGiovanni Nicotera nasce a Sambiase il 9 settembre 1828 da Felice e Giuseppina Musolino.Nipote dal lato materno di Benedetto e Pasquale Musolino, illustri patrioti della vicina Pizzo,componenti di una setta repubblicana delle Calabrie.

Discepolo di Settembrini nel colleggio di Catanzaro,fu, si può dire arruolato da fanciullo alla Giovane Italia. Studiò letteratura e poi giurisprudenza , ma implicato nella rivoluzione del 1846/'47, dovette sfuggere tra le campagne di Nicastro e Sambiase. Nel 1848 e tra i menbri del comitato rivoluzionario di Sambiase.Fallita miseramente la rivoluzione calabrese nel febbraio 1848, quando Ferdinando II concesse la costituzione, fu nominato capitano della Guardia Nazionale; ma ben presto, con la reazione del 15 maggio, si chiuse il breve periodo di libertà, e gli insorti, sconfitti dalle milizie borboniche, furono costretti a fuggire.

I borbonici commisero ogni nefandezza: il nonno e uno zio di Nicotera, Saverio Musolino, furono trucidati. Nicotera con i suoi zii Benedetto e Pasquale, riuscì a fuggire a Malta, poi a Corfù, da dove ritornò in Italia, sbarcando, alla fine del 1848, ad Ancona, nello Stato Pontificio. In quel periodo si arruolò nell'esercito della repubblica sotto gli ordini del generale Arcione, il quale offeso che il Nicotera ed altri compagni passarono con i legionari di Garibaldi, dichiarava Nicotera e compagni disertori e vigliacchi. Il Nicotera andato in cerca di lui gli chiede soddisfazione, si battono, ed il leocino ( così veniva chiamato da Mazzini) spaccò il naso con un fendente al generale. Il 3 giugno del 1849 , al Casino dei Quattro Venti, viene colpito da una scarica di moschetteria alla testa ed alla spalla.

Ritenuto morto dai suoi stessi compagni, sta per essere seppellito, quando,essendosi questi accorti che dava segni di vita lo trasportarono all'ospedale, dove, rimessosi , apprende la sua promozione a Capitano. Alla caduta della Repubblica va a Genova e all’inizio del 1850 si reca a Torino. Il Mazzini, fra il 1856 e il 1857, stava preparando una spedizione sul Napoletano ( per la liberazione di prigionieri politici ) con moti simultanei su Genova, Livorno, e in Sicilia. Il Nicotera intanto nel 1856 fece un viaggio di ricognizione e di esplorazione nelle Calabrie ritenuto molto pericoloso per l'eccesiva presenza di bande di briganti. Il 10 giugno del 1857 fu con Pisacane e Falcone quando meditò la spedizione di Sapri.
fiorentino Ma questa fallì perchè il battello dove viaggiavano fu sorpreso da una burrasca che costrinse l'equipaggio a buttare le armi in mare. Il 25 giugno malgrado la controrietà di Mazzini ( aveva forti dubbi sulla collaborazione dei moderati di Basilicata e del Comitato di Napoli) Nicotera, Pisacane e Falcone con altri quattordici compagni nelle vesti di passeggeri dirottarono il vaporetto Cagliari diretto per la Sardegna. Dirissero il Cagliari verso l'isola di Ponza dove si impadronirono del Fortino liberando circa trecento prigionieri che, imbarcati sullo stesso Cagliari, presero la volta di Sapri. Sbarcati a Sapri trovarono la popolazione sospettosa e ostile che gli si scagliò contro.
Dopo aspri combattimenti Pisacane e Falcone furono cacciati dentro un burrone all'ingresso della borgata. Qui vennero a morte : si disse che Pisacane e Falcone si tirarono un colpo di revolver alla testa: i loro corpi furono resi irriconoscibili al punto da non distinguere la bionda testa di Pisacane da quella bruna di Falcone. Nicotera, gravemente ferito, fu consegnato alla polizia borbonica. Dopo un processo sommario fu condannato a morte; gli fu poi commutata la pena nel carcere a vita, pena che trascorse in parte nella prigione di S. Caterina nell’isola di Favignana dove i compagni furono chiusi una fossa scavata nella roccia, a volta bassa, ove penetrava appena un filo di luce. Nicotera fu messo in un buco separato, più basso ancora, detto stanza del somaro: non poteva stare disteso se non mettendosi a cavallo di un fosso posto nel mezzo, pieno di acqua limacciosa. Qui vi restò per cinque mesi quando il comandante della guarnigione ed il medico si accorsero del suo stato; la febbre che lo consumava, la tosse e i frequenti sbocchi di sangue, fecero si che il medico lo scongiurasse a chiedere una supplica al Re affinché lo facesse liberare, ma Nicotera respinse questi tentativi che furono compiuti per indurlo a chiedere la grazia.
Successivamente a causa di un fulmine che ruppe il tetto della cella Nicotera fu portato a braccia alle carceri di S.Giacomo: qui gli venne assegnata la peggior cella, la numero 29. Così, quando nel 1860 Garibaldi sbarcò in Sicilia per la sua vittoriosa impresa, fece ordine per la sola liberazione del Nicotera, il quale disse: " O tutti o nessuno". Ottenne dallo stesso Garibaldi la liberazione di tutti i prigionieri politici. Organizzò subito un comitato e la guardia nazionale in Favignana, quindi, desiderando riprendere i contatti con il Mazzini, si recò a Genova. Da qui fu mandato in Toscana nelle vesti di colonnello per preparare una legione con cui invadere lo Stato pontificio; ma la legione stessa fu sciolta dal Ricasoli dietro ordine del Cavour, sospettoso degli intenti repubblicani del Nicotera. Il Cavour non volle intendere nessuna ragione: ricorse ad un espediente onde poter giustificare le velleità repubblicane del Nicotera. Prese come pretesto un ordine del giorno indirizzato da Nicotera alla brigata nel quale non veniva nominato il Re. Nicotera e Achille Sacchi furono arrestati sulla piazza del Duomo di Firenze. Furono immediatamente liberati, perchè la notizia del loro arresto era pervenuta agli ufficiali ed ai soldati i quali erano decisi a marciare a mano armata per la loro liberazione.

Questa dolorosa vicenda fece sì che il Nicotera non nascondesse più le sue idee politiche; più intransigente dello stesso Mazzini, si dichiarò contrario all’ingresso dei repubblicani nel Parlamento. Certo egli era combattuto da opposti sentimenti, perchè da un lato sentiva che soltanto la monarchia possedeva la forza necessaria per realizzare l’unità e dall’altro non intendeva rinunciare alle accuse contro la «consorteria» modesta. Nicotera disse : " l'Italia ha superato due delle tre disgrazie. Non ci sono più Austriaci in Venezia, nè Francesci a Roma: ora bisogna liberarla dalla consorteria". E per sei anni questo fu l'unico suo scopo. Combattere i moderati che si vantavano di essere i soli creatori della Nazione". Non ai veterani delle patrie battaglie, ma ai servi dei ministri. Anche negli anni seguenti continuò ad avvertire questo intimo contrasto: seguace entusiasta di Garibaldi, fu con lui nei suoi tentativi di liberare Roma, nel 1862 nella spedizione di Aspromonte (dove non fu presente perchè era stato mandato a Cosenza e a Catanzaro per sollevare quei patrioti); nel 1867 a Mentana. Nel 1866 combattè, sempre con Garibaldi, nel Trentino, alla testa di volontari provenienti dalla Puglia. Eppure il Nicotera si convinceva sempre più che solo la monarchia era in grado di portare a compimento l’unità della Penisola: la posizione del Mazzini, nobile in sè stessa incominciava a rivelarsi sterile, mentre gli stessi tentativi falliti di Garibaldi dimostravano quanto questi fosse debole. Così, a poco a poco, si allontanò dai due uomini, e si immerse nell’attività parlamentare.

Fu, pertanto, uno dei capi della Sinistra, deputato del collegio di Salerno, e fra il 1875 e il 1876 condusse vigorosamente l’opposizione che portò nel marzo del 1876 alla caduta della Destra; nel primo ministero Depretis ebbe il portafoglio dell’interno, compito che durò dal 1° aprile 1876 al 31 ottobre '77. Si occupò seriamente dell'emigrazione, lasciata fino allora in balìa degli agenti camorristi. A lui si deve la creazione della prima commissione per lo studio della riforma degli infami regolamenti sulla prostituzione e l'altra per la riforma delle Opere Pie . A Nicotera rimaneva la più scabrosa e più dolorosa del compito suo: la pacificazone delle regioni meridionali con l'estirpazione del brigantaggio. Durante il suo ministero la camorra fu domata, i camorristi in alto sbaragliati; il Nicotera fu in quest'opera coadiuvato dalla parte più nobile e patriottica della popolazione. Per la Sicilia il compito era assai difficile. Nessuno dei ministri ebbe quell'intima conoscenza delle sue condizioni che il Nicotera ebbe per Napoli. Intanto andava studiato quali fossero gli uomini più adatti ad occupare le prefetture delle provincie che erano nelle condizioni più anormali. Divenne per i suoi metodi risolutivi l'uomo politico più adatto per sostenere in Sicilia un governo locale, deciso a restaurare l'impero della legge contro abitudini perverse, anche se i suoi avversari politici lo accusavano per l'eccessiva severità usata. Riassumendo, il lavoro compiuto durante il suo ministero aveva dato impulso in tutti i rami di servizio; la sicurezza pubblica restaurata; il brigantaggio combattuto senza tregua,domato e vinto; la camorra e la mafia fieramente colpite,non solo negli oscuri gregari, ma anche nei capi più temuti; il diritto elettorale nel suo esercizio agevolato a un numero ragguardevole di cittadini; le sorti dei pubblici ufficiali migliorate; le provincie, i comuni e le opere di beneficienza efficacemente sollecitate a rendere regolare la loro amministrazione e a ritemprarsi nello spirito vivificatore dei tempi; il decentramento nei modesti confini concessi al potere esecutivo.

Tale è l'opera compiuta in diciannove mesi. Il 16 dicembre 1877 si dimise in seguito a un voto contrario che aveva riunito le diverse parti della camera, dai suoi avversari alla Destra ai suoi amici della Sinistra i quali gli congiurarono un banale, ridicolo pretesto onde poter eliminare Nicotera dal Ministero. E il pretesto fu la famosa "gamba di Vladimiro". Una famiglia russa, domiciliata a Roma, riceveva un telegramma da Pietroburgo: "Gamba Vladimiro peggiora". Il telegramma passò a Palazzo Braschi e fu male interpretato. L'indomani, nel " Bersagliere", organo personale di Giovanni Nicotera, apparve questa notizia: " Il Granduca Vladimiro si è rotta una gamba". Era la violazione d'un segreto telegrafico. Giovanni Nicotera si dimise. La guerra fattagli dal Lovito,segretario generale di Depretis, a Salerno, provocò un famoso incidente nei corridoi di Montecitorio, e il relativo duello fra i due uomini politici. Duello in cui, ancora una volta, il " leoncino" ebbe l'ennesima soddisfazione. Nel 1891 Nicotera tornò al Ministero degli Interni e vi rimase fino al maggio 1892. Il 13 giugno 1894 moriva a Vico Equense e veniva seppellito a Napoli.

 

Bibbliografia

Jesse White Mario,In memoria di Giovanni Nicotera, Firenze,Tip.Di G. Barbera,1884;
Enrico Borrello, Sambiase. Ricerche della città e del suo territorio,Edizione integrata,stampato nel settembre 1988, Temesa Editrice.
Arrigo Petacco, Storia d'Italia all'unità ad oggi, volume n° 2, Armando Curcio Editore.