Cronache Risorgimentali

La rivoluzione del 1848 a Sambiase

La rivoluzione del 1848 in Sambiase(1)

di Enrico Borrello

La vampata rivoluzionaria del '48 ebbe vasta eco in Sambiase(1), dove era da tempo sorto un comitato rivoluzionario segreto, ad opera di Francesco Stocco(2) e di Giovanni Nicotera, il quale, appena ventenne, era in segreta intelligenza collo zio Benedetto Musolino, fiero repubblicano.

Presidente del Comitato fu, prima, Vincenzo D'Elia, poi, il Giudice Santacroce; Vice Presidente Giovanni Maria Cataldi(3) e Segretario Giuseppe Maione(4). Ne facevano parte come membri: Achille Scalfaro, Francesco Matarazzo, Felice Nicotera, Francesco e Pasquale Paladino, Giorgio Sinopoli(zio di Francesco Fiorentino), Paolo Petronio, Giuseppe Matarazzo, Raffaele Paladino, Alessandro Toja(5), Vincenzo AgapitoIl patriota Giovanni Nicotera 1828-1894(olio su tela del pittore Eduardo Fiore)Ma chi più di tutti si distingueva per impetuosità addirittura temeraria era il nostro Giovanni Nicotera «il più rivoltoso, quel lo che partiva come il vento per ogni dove, e come portavoce portatore di notizie volava ad un momento e tornava, special mente per la volta di Pizzo, dov'era lo zio Benedetto Musolino famoso tanto nei risultamenti rivoltosi del corrente anno (1848 per cui il di costui nipote andava spesso e veniva dal Pizzo» (2- nota dell'autore).
Il patriota Giuseppe Majone 1809-1890 (olio su tela del pittore Eduardo Fiore)
Tra la fine di aprile e i primi di maggio il Comitato venne alla luce come Circolo Nazionale, al solo scopo del mantenimento dell'ordine. Avuto sentore dei fatti del 15 maggio a Napoli (non c'e allora se non il servizio telegrafico ad asta; solo nel 1858 abbiamo l'inaugurazione della rete telegrafica elettrica, che aveva nella 63 divisione, da Paola a Pizzo, le stazioni di Nicastro, Tiriolo, Catanzaro e Pizzo), Toja, Giovanni Nicotera e Francesco Matarazzo si presentarono al posto telegrafico di S. Eufemia, il 22 maggio, armati di fucile e di pistola, e imposero al capoposto Giovanni Guariglia, salernitano, di trasmettere immediatamente un dispaccio del generale Stocco alla stazione di Pizzo.
Il patriota Francesco Matarazzo (1811-1893)
Volevamo rifiutarci - dice in giudizio, qualche tempo dopo, l'altro impiegato al telegrafo, Antonio Montuoro, di Tropea - ma il Toja ci disse che quel discorso doveva assolutamente passare, che dovevamo obbedire agli ordini della Nazione e non a quelli del re e che, infine, lo avrebbe segnalato egli stesso, essendo un impiegato telegrafico (3-nota dell'autore).
"Allora noi ci vedemmo costretti ad obbedire e ci prestammo ad eseguire la segnalazione, che era la seguente: "La notizia della Capitale coll'ultima posta annunzia che la Guardia Nazionale deve partire colla massima sollecitudine per Napoli.
Quel Parlamento Nazionale(6) ha dimandato subito all'Erario della Provincia se ha denaro per sussistenza di quelli che marceranno ed è in attenzione di pronta risposta. Qui (a Sambiase e a Nicastro) si tengono pronti a partire e si domanda se Monteleone e Pizzo sono anche pronti a partire. Avvisate se costà nel deposito e nel castello di Monteleone per provvedere la Provincia vi sia polvere; al contrario il Parlamento Nazionale di costà, in accordo di Monteleone, giudicheranno che si dovrà fare".
Il patriota Giovanni Maria Cataldi 1812-1886 (olio su tela del pittore Eduardo Fiore)La risposta doveva essere mandata a Giovanni Maria Cataldi in Sambiase e a Francesco Stocco in Nicastro, capi dei rispettivi comitati rivoluzionari. Stocco(7), come sappiamo, era l'anima dell'insurrezione nella provincia di Catanzaro. Il giorno dopo, Pizzo così rispose: "In questo deposito esiste quantità di polvere. Per le altre domande, si risponderà per mezzo di Giovanni Nicotera, che in giornata partirà per costà". Si ordina intanto la compagnia dei rivoluzionari, che doveva, agli ordini di Giovanni Maria Cataldi, unirsi alle altre di Stocco e marciare per Filadelfia.

Ne facevano parte:
1° Tenente
- Achille Scalfaro,
2° Tenente
- Giovanni Nicotera,
Alfiere
- Francesco Matarazzo fu Gennaro,
I° Sergente
- Paolo Petronio,
2° Sergente
- Ferdinando Paladino,
2° Sergente
- Annibale Maione,
2° Sergente
- Davide Nicotera,
Furiere
- Pasquale Paladino,
Caporale
- Giuseppe Graziano,

I MILITI : Giuseppe Maria Stella, Francesco Mazza, Salvatore Lento, Michele Nicotera, Vincenzo Agapito, Giuseppe Matarazzo, Francesco Borrello, Pasquale Matarazzo, Bruno d'Audino, Nicola Sposato, Bruno Petronio, Pasquale Sposato, Pasquale Pappaianni, Francesco Bongiovanni, Raffaele Morelli, Luigi Procopio, Domenico Angeluzzo, Giovanni Matarazzo, Giuseppe Pugliese, Tommaso Fulfaro, Anselmo Pellegrino, Fortunato Ciliberto, Ottavio Sirianni, Fortunato Falvo, Francesco Burgo, Francesco Castaldi, Antonio Burgo, Giovanni Agapito, Pietro Tropea, Achille Agapito, Francesco Sterio, Antonio Fiore, Giuseppe Marinaro, Geniale Gentile, Pietro Falvo .
Patriota Nicola Sposato

Il patriota Nicola Sposato
- Vi furono costretti a partecipare - dice Gennaro Brunetti, teste nel processo dell'agosto 1848 -: Peppino Fiorillo, Luigi Sirianni, Giuseppe Falvo, Luigi Trombetta, Santo Mazza, Raffaele Cuparo, Bruno Montilla, Francesco Sirianni. Nel giorno dell'attacco(27 giugno) erano assenti dal campo (rientrati in Sambiase non sappiamo proprio per quali ragioni): Francesco Matarazzo,Pasquale Paladino, Michele Nicotera, Vincenzo Agapito, Bruno Petronio, Giovanni Matarazzo, Pasquale Sposato, Giovanni Agapito, Francesco Castaldi, Peppino Fiorillo, Luigi Sirianni: e il sempre il teste Brunetti che lo dice. Sappiamo, poi, come si distinsero i nostri volontari nell'attacco dell'Angitola e, in ispecie, nell'agguato contro il Nunziante.
Nel frattempo, il 3 giugno, alle ore 16, Giovanni Nicotera Francesco Matarazzo, Giuseppe Graziano e Pasquale Paladinoerano presentati, armati di fucile, nella "Casa del Giudicata (Pretura) e avevano chiesto al cancelliere dove fossero le statue dei sovrani.
"Io - dice il cancelliere nel succitato processo - prevenendo il loro desiderio, dissi che non ne esistevano, ma quelli, scassinando la porta, entrarono e ridussero in pezzi i busti di Loro Maestà!
Poi Giovanni Nicotera lacerò con un coltello ridusse in pezzi la tela su cui era dipinta l'immagine di S. M. Re".
Dopo l'infelice fine della rivoluzione, Giovanni Nicotera riparò, collo zio Musolino, a Corfù, prima, poi ad Ancona e infine a Roma. L'anno dopo, 1849, è nel battaglione di Luciano Manara , a difendere, sotto gli ordini di Garibaldi, la Repubblica di Roma.
Il patriota Orazio Scalfaro (8) 1827-1911Furono invece "carcerati e poi amnistiati con sovrano rescritto del 10 aprile 1850 ":Agapito Antonio,Cuparo Raffaele,Allessi Bruno, Davoli Bruno, Burgo Antonio, Falvo Bruno, Bongiovanni Francesco, Falvo Giuseppe,Ciliberto Antonio Maria,FalvoPietro,CastaldiFrancesco,Graziano Giuseppe,Davoli Santo,lannazzo Gesualdo,Fiore Antonio,Lento Salvatore,Fazio Basilio di Carlo, Mauro Ferdinando,Fiorillo Giuseppe, Mantella Domenico,Fiorillo Placido, Mazza Giuseppe,Gentile Geniale, Marinaro Vincenzo,Loschiavo Luigi, Nicotera Michele,Mastroianni Cesare,Nicotera Felice,Mazza Antonio, Pellegrino Antonio,Mazza Francesco, Pellegrino Francesco, Marinaro Giuseppe, Pugliese Giuseppe,Nicotera Francesco,Paladino Pasquale,Agapito Achille,Scalfaro Achille,Angelluzzo-Domenico,Sirianni Francesco,Allessi Giuseppe, Strangis Giovanni,Barone Carmelo,Tropea Vincenzo,Bernardo Gregorio,Tropea Raffaele,Costa Antonio,Tropea Pietro,Calidonna Giuseppe, Mazza Santo,Davoli Luigi,Pullia Agostino, Fulfaro Anselmo, Pugliese Fortunato,Fazio Generoso, Palmieri Giuseppe,Funaro Leopoldo,Pappaianni Pasquale,Grande Francesco, Governa Rocco, La Scala Pietro, Maione Giuseppe, Mantella Bruno, Maone Francesco, Morelli Raffaele, Nicotera Davide, Audino Bruno, Allessi Franco, Audino Luigi, Borrello Francesco, Bonaddio Giovanni, Cello Angelo, Scalfaro Salvatore, Sterio Francesco, Sirianni Luigi, Toia Alessandro, Vercello Nicola, Petronio Paolo,Petronio Bruno, Pasciari Francesco,Procopio Luigi,Puccio Pasquale ,Sinopoli Basilio, Stella Giuseppe Maria, Sinopoli Gregorio,Trombetta Luigi .
L
a Gran Corte Speciale di Catanzaro, con sentenza del 25 giugno 1851, condannò: Francesco Matarazzo (da non confondere col Generale) a trent'anni di ferri, ridotti per grazia a venti, e Giuseppe Matarazzo a venticinque anni di ferri, mentre metteva in libertà provvisoria: Giovanni Matarazzo, Raffaele Paladino e Vincenzo Agapito. La stessa Corte metteva in libertà Nicola Sposato il 13 ottobre 1852, perché "aggraziato da Sua Maestà". Giovanni Maria Cataldi era stato condannato in contumaci a 25 anni di ferri, ma, essendosi presentato alle autorità, ebbe con reale disposizione di Ferdinando II, ridotta la pena a dieci anni di relegazione.

Note dell'autore
(1) Pubbl. sul "Giornale d'Italia" del 6-6-1941;
(2) Da un processo originale del 24 agosto 1849,contro Nicotera,Toja e Matarazzo, del quale processo non sappiamo la fine, perchè mancano le ultime pagine;
(3) Il Toja era stato addetto all'ufficio telegrafico di Caposuvero, dal quale era stato rimosso, per accuse di carbonarismo e di violenza con omicidi


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Note aggiuntive a curate di Giuseppe Ruberto

(1)"In Calabria e, specialmente, in provincia di Reggio e di Cosenza, ove erano diffuse le "logge massoniche" che ebbero maggiore impulso dal ritorno di alcuni murattiani dalla campagna delle Russia. Accanto ad esse, le numerosissime "vendite" dei Carbonari, che non mancarono in nessum paese per quanto sperduto della nostra regione. Famose furono le"logge"di Cosenza, Paola, Aprigliano, Rogliano, Rossano, Acri, Crotone, Reggio, Nicastro(1), Maida, Nocera, Cortale,Gimigliano,Catanzaro, Mesoraca, Stalettì, Curinga, S.Mango, Bianco, S.Stefano.
Anche Sambiase ebbe la sua "vendita", che come ogni altro movimento patriottico (...)

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E.Borrello, op.cit., cap. VIII, "Restaurazione Borbonica", p.172 II^ edizione 1998, Temesa Editrice- Roma ).
La loggia di Nicastro era detta "Filantropia Numistrana" E.Borrello,op.cit., ibidem, nota1, p.172,,etc..etc.

(2)
F
rancesco Stocco (1806-1880) Il barone Francesco Stocco nacque a Adami piccola frazione di Decollatura (prov.Cz) il 1 marzo 1806. Fu tenuto a battesimo dal futuro re Francesco II delle Due Sicilie ospite della famiglia Stocco. Ricevette la sua prima educazione in un collegio di Cosenza. Ancor giovane fu condotto dal padre a Napoli dove conobbe da vicino tutte le viltà; e l'animo suo generoso ne fu così sgomento che egli, ricco,nobile,pur sapendo che il suo interesse,i suoi privilegi di nascita,lo chiamavano a stare con gli oppressori,volle invece partecipare per gli oppressi. A causa di questi sentimenti un bel giorno del 1847 venne imprigionato a Napoli insieme con due suoi congiunti: il barone Marsico e il barone Guzzolini. Liberato arrivò a Soveria dove, dopo i tragici avvenimenti del 15 maggio, organizzò il movimento rivoluzionario nella provincia di Catanzaro che ebbe il centro nel distretto di Nicastro.
In meno di dodici ore spiccò l'ordine di adunata ai capitani dei vari minicipi da lui dipendenti, riunendo intorno a sè più di tremila uomini alla volta di Filadelfia,dove,pultroppo,l'inettitudine del capo (Griffo),la scarsezza dei fondi e,quindi degli approvigionamenti,ingeneranno confusione,diserzione e scoraggiamento. Partono i Mille per la leggendaria spedizione, e Stocco con loro.Egli comanda la 3^ Compagnia ed è uno dei sette Capitani che conducono le Camice Rosse. E i Mille sbarcano a Marsala e a Calatafini ingaggiano la prima battaglia.
Stocco vi rimane ferito gravemente al braccio destro.Viene nominato Colonnello e, poco dopo,eccolo a Palermo prima, a Barcellona poi,impaziente di portarsi nella sua Calabria. E ci torna,infatti,sebbene ancora convalescente,da Generale. Disarmò i 12 mila uomini del Ghio a Soveria e permise a Garibaldi la marcia trionfale su Napoli, mentre il Borbone si ritira sul Volturno. Stocco tiene ancora alto il nome di Calabria sul Volturno.
Dopo il plebiscito che vota l'unione delle Due Sicilie al regno di Vittorio Emanuele,Stocco volle tenersi appartato dalla vita pubblica e rinunziò all'ufficio di Governatore di Catanzaro e al grado di Maggior Generale della brigata Aosta. Eletto deputato dai suoi concittadini,accettò l'incarico: non rieletto,non se ne crucciò. Rieletto ancora non accettò di rientrare alla Camera, sebbene vivamente sollecitato. A 74 anni, l'8 novembre 1880,Francesco Stocco chiudeva gli occhi per sempre.
Di lui possiamo ancor dire che le ossa "fremono amor di Patria"
____ Notizie tratte da Enrico Borrello, op.cit.,cap.V, Appendice, "Francesco Stocco",pp.333/337.

(3)
G
iovanni Maria Cataldi(1812-1886 ) Egli nacque nel 1812 "nel modesto paesetto di Sambiase, terra così ferace di uomini, lungi dall'ombra proteggitrice del materno pioppo, che si son resi, per altezza d'intelletto o per gagliardia di animo, meritatamente preclari ". Rimasto orfano giovanissimo, conquistò subito, con la generosità del suo carattere, la stima dei propri concittadini, che ampia fiducia riponevano nel senno e nella rettitudine sua. Ebbe la ventura di avere a compagna della sua vita la egregia e caritatevole gentildonna signorina Carolina Scalfaro, figlia di quel Giovanni che fu una delle glorie più splendide del patriottismo calabrese. Dopo la fallita insurrezione armata del Calderaio del 1848, i patrioti che vi presero parte e che sfuggirono all'arresto, dovettero prendere la via dell'esilio.
D
urante questo periodo di latitanza, a seguito di un'improvvisa malattia moriva il suocero, Giovanni Scalfaro. L'episodio scosse Cataldi, il quale spinto dal dolore per questa perdita, decideva di costituirsi. Non volle però fare atto di ossequio al Borbone, il quale prometteva clemenza a tutti coloro i quali si fossero ravveduti dalle proprie azioni di ribellione. La pena fu davvero pesante: venne condannato a venticinque anni di ferri, in seguito commutatili assieme ad altri compagni di azione, a dieci anni di relegazione nel famigerato penitenziario di Ventotene. Con la Spedizione di Sapri del 1856, condotta da Carlo Pisacane e con al seguito l'altro patriota sambiasino, Giovanni Nicotera, cugino del Cataldi, il potere borbonico stava cominciando a dare i primi segni di cedimento.
II 1° luglio del 1857, il Cataldi ottenne uno sconto di pena di tre anni, e - una volta trasferito ad Ischia - poté così riconquistare l'ambita libertà il 7 settembre di quello stesso anno. Rientrato a casa, egli riprese a vivere, senza mai dimenticare i suoi ideali antiborbonici. Quando nell'estate del 1860 le truppe garibaldine sopraggiunsero in Calabria, il Cataldi si unì ai Mille, divenendo uno dei coordinatori del distretto di Nicastro e Catanzaro assieme al nicastrese Felice Sacchi e ad altri illustri patrioti locali. Seguì la spedizione sino al Volturno, portando con sé il primogenito Carlo, ancora fanciullo. Ivi, nella casa napoletana di Giovanni Nicotera, lo presentò a Giuseppe Mazzini che ebbe parole d'ammirazione.
I
I 7 settembre del 1882, egli venne giustamente chiamato a pronunciare uno dei discorsi per l'inaugurazione del monumento per Giovanni Nicotera, quando quest'ultimo era ancora in vita! Si ripeté l'anno dopo, con un commosso discorso tenuto nel Municipio di Nicastro all'indomani della morte di Garibaldi. Oltre a queste, non vi sono altre tracce di impegno pubblico. Si spense a Nicastro - dove si era trasferito con tutta la famiglia - il 16 aprile del 1886.
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Notizie tratte da" II testamento da Ventotene del patriota Giovanni Maria Cataldi nel 1854 e i suoi funerali nel 1886
" di M.Iannicelli, pubblicato in "Storicittà rivista d'altri tempi" p.4/7,annoXV, n°145, mese di settembre 2006,Edito da Rodolfo Calfa dal 1992 al 2004 - dal 2005-2007 Massimo Iannicelli Editore Lamezia Terme - Cz ).

(4)
G
iuseppe Majone nasce a Sambiase il 25 maggio 1809 da Pasquale Majone, ricco possidente originario di Conflenti, e da Angela Cataldi. A dieci anni fu iscritto al seminario di Nicastro il giovane seminarista Giuseppe Majone ebbe modo di assimilare le istanze liberali e patriottiche proprio nel seminario. Uscito dal seminario di Nicastro, il giovane Majone proseguì gli studi a Catanzaro e poi a Napoli dove conseguì la laurea in legge il 9 giugno 1832.Rientrato a Sambiase, esercitò la professione con grande abnegazione e alto senso della giustizia tanto da meritare di essere nominato Vice Pretore del Mandamento. Del giovane avvocato Giuseppe Majone va ricordata però soprattutto l'azione cospirativa contro la polizia borbonica a fianco dei più noti patrioti sambiasini che avevano in Giovanni Nicotera e Giovanni Maria Cataldi i punti di riferimento del Comitato rivoluzionario. Due volte Majone fu arrestato insieme ad altri cospiratori sambiasini e rinchiuso nel carcere di Crotone. Nel 1848 partecipò al moto rivoluzionario guidato da Francesco Stocco. In particolare egli, insieme ad altri quattro giovani del Comitato rivoluzionario, fu prescelto per intercettare le regie poste ed interrompere così le relazioni tra la polizia e il generale Nunziante. Fu uno dei più attivi all'arrivo di Garibaldi e durante il plebiscito fece da mediatore allorché molti sambiasini si erano rifiutati di andare a votare per l'annessione al regno di Vittorio Emanuele II. Più tardi il governo lo insigniva della Croce di Cavaliere.
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Notizie tratte da "L'avvocato Giuseppe Majone da Sambiase (1809 - 1890), cavaliere e patriota" di V.Villella, pubblicato in "Storicittà rivista d'altri tempi" p.4/6, annoX, n°102, mese di settembre 2001, Edito da Rodolfo Calfa dal 1992 al 2004 - dal 2005-2007 Massimo Iannicelli Editore - Lamezia Terme - Cz).

(5)
A
lessandro Tojanasce il 23 settembre 1822 a Gizzeria (prov. di Cz) da Raffaele piccolo proprietario e Francesca Paladino. Impiegato telegrafista. Partecipa nel 1848 ai moti della Rivoluzione calabrese. Dal posto telegrafico di Santa Eufemia per sollevare la popolazione contro il governo, telegrafò a Pizzo e a Monteleone false notizie in cui il Parlamento chiamava alle armi la guarda nazionale di Napoli e le province meridionali. A Gizzeria infranse i ritratti e gli stemmi dei reali chiamando il popolo alla rivolta. Arrestato il 22 maggio 1849 fu condannato all'ergastolo il 5 giugno 1851. Evaso si recò a Corfù e nel 1859 recatosi a Torino s'iscrisse nel Corpo dei Cacciatori delle Alpi. Arruolatosi nei Mille vi partecipa con accanimento. Eroe dell'Angitola. Ritornato al paese porta con se molti volontari ed entra nel battaglione dei Cacciatori della Sila. Sergente nel Corpo dei Volontari calabresi, Capitano di Fanteria, Sergente volontario nel Reggimento Ussari di Piacenza, Sottotenente nell'Esercito dell'Italia Meridionale, Maggiore di Fanteria.Muore il il 27 settembre 1866.
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Notizie tratte daCamardella Pietro, in " I Calabresi della spedizione dei Mille ".Monografia storica illustrata.Ortona a mare.Officine Grafiche,1910.

(6)
I comitati guardavano tutti a Cosenza,al Governo Provvisorio,che doveva coordinare il movimento,raccogliere e discipinare le forze armate,disposte d'un piano di offesa e difesa e trovare il danaro necessario alla guerra. Ma il Ricciardi non volle ricorrere a nessun mezzo coercitivo per raccogliere fondi,specie da quanti ne avevano anche troppi,e sperava nelle offerte spontanee! Intanto,più di 12 mila giovani si erano presentati all'arruolamento volontario,armati tutti di fucile da caccia senza baionetta,e di pugnale,che portavano attaccato alla cintola. Solo 8 mila ne furono trattenuti; gli altri furono rimandati a casa,perchè mancava il denaro per equipaggiarli e pagarli. E gli 8 mila furono così divisi: in provincia di Cosenza 1500 a Campotenese, 500 a Spezzano,con altrettanti siciliani, 600 a Paola; in provinvia di Catanzaro 5000 a Filadelfia; provincia di Reggio Calabria 600 a S.Eufemia di Sinopoli.
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Notizie tratte da E.Borrello,op.cit., cap.IX "La rivoluzione calabrese del 1848" pp.175-176 .

(7
) " Il capitano Stocco si avvaleva di diversi capitani tra i quali ricordiamo Giovanni Maria Cataldi,capo del comitato rivoluzionario di Sambiase,Ippolito D'Ippolito di Nicastro,Giuseppe Stella di Feroleto Piano, Gaetano Boca di Vena di Maida, Michele Valeo di Castiglione, Antonio Miceli di Gizzeria, Tommaso Procida di Nocera, Francesco Mauri di Nicastro, Giuseppe Scalise di Castagna, Nicola Paladino di Conflenti, Gregorio De Fazio di Platania, Ferdinando Aiello di S.Pietro a Maida, Francesco Mangani di Feroleto, Giuseppe Perri di Serrastretta, Alessandro Talarico di Carlopoli, Giovanni De Sirianni di Soveria, Lorenzo Mancini di Nocera, Francescantonio Ciaflone di Decollatura.
Tutti i capitani vantavano la loro antica ascendenza nobiliare ex genere o la propria appartenenza alla nuova nobiltà ex privilegio o i requisiti del nuovo ceto emergente della borghesia agraria con relativi appellativi di "Don" o "Magnifico"

___ (V.Villella in "Trono Altare e Sette nella Calabria risorgimentale",p.82 cap.II° Borghesia,Clero e contadini nella rivoluzione del 1848,I^edizione anno 1997

(8)
O
razio Scalfaronasce a Sambiase il 1 dicembre 1827 ed è morto a Catanzaro il 30 aprile 1911, fu degno continuatore di una stirpe di eroi, Giovanni e Gaspare Scalfaro, militi della libertà risorgente e martiri calabresi del 1848. Marito e padre esemplare, gli fu dolce e impareggiabile sposa Luigia Gimigliano da Belcastro (1843 - 1912), dalla quale ebbe tredici figli che crebbero all'altezza delle nobili tradizioni della famiglia, brillando chi nel foro o nella magistratura (Giovanni, Salvatore e Saverio), chi nell'esercito (Emilio ed Ercole), chi nell'ambito scolastico (Gennarino). Di loro l'avv. Lorenzo Pucci diceva: "Sono virtú vere, santificate tra le mura domestiche. al tepore dei piú intimi affetti, donde poi sgorgano all'aperto,nella vita." Orazio Scalfaro, figlio di un ardente carbonaro del 1820, fu tra i trecento che, capitanati dal generale Francesco Stocco, il 27 giugno 1848 combatterono sui campi dell'Angitola contro tremila soldati condotti dal generale Nunziante, e dal ponte di Turrina al ponte delle Grazie e da qui alle pendici di Campolongo, contrastarono palmo a palmo il terreno, sostenendo una lotta titanica per undici ore.
Nel 1860 troviamo Orazio Scalfaro, insieme ai fratelli Achille, Gustavo e Raffaele, al Calderaio, ove cooperò al disarmo dei dodicimila soldati borbonici a Soveria Mannelli. Fu in quel giorno memorando che Giuseppe Garibaldi telegrafò: "Dite al mondo che coi miei prodi calabresi feci abbassare le armi a dodicimila soldati comandati dal generale Ghio." Lo Scalfaro fu anche tra i combattenti alla battaglia del Volturno, "lí dove fu fiaccato l'estremo sforzo del Borbone".

____ Notizie tratte da "Il barone garibaldino Orazio Scalfaro da Sambiase (1827 - 1911)" di Francesco Polopoli, pubblicato in "Storicittà rivista d'altri tempi" p.4,annoVIII,n°83, mese di dicembre 1999, Edito da Rodolfo Calfa dal 1992 al 2004 - dal 2005-2007 Massimo Iannicelli Editore - Lamezia Terme (Cz).