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Il passaggio di Garibaldi e dei «Mille» nei paesi del Distretto di Nicastro

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garibaldi1di Massimo Iannicelli

Ricorre nel mese di agosto quest'anno, il 150 anniversario della Spedizione dei Mille che determinò l'Unità d'Italia. Mai avvenimento storico ha così direttamente interessato da vicino la Calabria e ancor più quello che un tempo veniva indicato come il Distretto di Nicastro.

L'azione dei Mille interessò molto da vicino il comprensorio lametino. non solo perché dalle nostre parti transitò e pernottò, ma anche e soprattutto perché a Soveria Mannelli il 30 agosto 1860 egli ottenne la definitiva certezza della riuscita della sua missione. Proprio nei pressi del piccolo paese montano - grazie al suo luogotenente La Cecilia - Garibaldi ricevette una missiva datata 27 agosto 1860 a firma di Francesco II: nella lettera il sovrano delle Due Sicilie palesava l'intenzione di voler lasciare libera la sola Sicilia affinché cori un suffragio universale la popolazione decidesse se restare disunita dal resto d'Italia o meno. La proposta era chiaramente un tentativo di corruzione, considerato inoltre che Franceschiello si diceva disposto a consentire il libero transito delle truppe garibaldine lungo tutto il regno - purché non venisse toccata Napoli - in più offrendo una cospicua somma in danaro.

Ovviamente Garibaldi declinò l'offerta senza neppure degnare di risposta il dispotico sovrano borbonico. In quelle ore si decideva l'esito della spedizione. L'avanzata in Sicilia s'era dimostrata alquanto facile, in quanto il terreno era stato variamente preparato prima e dopo la discesa di Garibaldi, il quale fu ovunque acclamato come un autentico liberatore.
Sulla resa del generale Ghio e dei suoi diecimila soldati borbonici, avvenuta il 30 agosto a Soveria Mannelli, in seguito all'azione diplomatica svolta da Ferdinando Bianchi ed Eugenio Tano, gli storici si sono variamente interrogati. Possibile che una forza militare così cospicua ed armata di tutto punto si sia potuta arrendere ad un pugno di uomini, mal armato ed esausto per la lunga marcia fin lì compiuta?

L'ipotesi più accreditata è che il generale Ghio si sia lasciato condizionare da notizie false opportunamente fatte circolare dagli stessi rivoltosi, secondo cui ingenti truppe di volontari - guidati dal maggiore Pasquale Mileti - si stavano dirigendo verso Soveria. Nonostante il Ministero della Guerra da Napoli avesse spedito precisi ordini affinché le truppe resistessero con ogni mezzo all'avanzata garibaldina, forse per evitare una carneficina, il generale borbonico preferì arrendersi timoroso ancor più della grande fama di condottiero di cui godeva Garibaldi. Tuttavia molti sono i lati della vicenda ancora oggi rimasti all'oscuro.

Degli oltre diecimila soldati arresisi, una gran moltitudine preferì ritornare a casa, altri addirittura si unirono alle camicie rosse per proseguire la marcia trionfale verso il Volturno. Soveria Mannelli fu dunque privilegiata testimone delle gesta del Generalissimo, il quale - la mattina del 31 agosto - dopo aver pernottato in casa della famiglia Sirianni, tra i fitti castagneti di agrifoglio, a metà strada per Rogliano, nella modesta abitazione di Donato Morelli, dettò a quest'ultimo un telegramma passato alla storia: «Dite al mondo che ieri coi miei prodi cavalieri feci abbassare le armi a diecimila soldati comandati dal generale Ghio. Il trofeo della resa fu dodici cannoni da campo, diecimila fucili, trecento cavalli, un numero poco minore di muli e immenso materiale da guerra. Trasmettete a Napoli e dovunque la lieta novella».

A ricordo di questi avvenimenti, in occasione del I° centenario dell'impresa garibaldina, sulle facciate dei palazzi dove Garibaldi pernottò o soggiornò anche per poche ore sono state apposte deve lapidi di marmo:
- a Soveria, oltre all’ obelisco eretto nei 1883 al centro di corso Garibaldi che corda la resa di Ghio, su palazzo Sirianni è stata affissa nel una lastra di marmo dove si tramanda che ivi trascorse la notte Garibaldi il giorno seguente alla resa dell'esercito borbonico:
- a Curinga, sulla facciata principale di palazzo Bevilacqua (recentemente restaurato), un epigrafe ricorda il pernottamento di Garibaldi nella notte tra il 28 e il 29 agosto del 1860 proveniente da Pizzo;
- a San Pietro a Maida un'altra lapide, posta sulla casa del capitano Fdo Aiello, ricorda che tra quelle mura Garibaldi ebbe ospitale accoglienza per qualche ora;
- a Maida, sulla facciata di Palazzo Farao, un'altra epigrafe testimonia la presenza dell'Eroe dei Due Mondi il quale, affacciandosi ad un balcone pronunciò un caloroso discorso alla popolazione festante. Dall'alto della sua postazione egli poté ammirare quanto cospicuo fosse il numero di nuovi volontari (circa tremila) desiderosi di porsi al suo seguito.

Sempre a Maida Giuseppe Garibaldi s'intrattenne per qualche ora con il sindaco al quale diede il seguente ordine, valido anche per gli altri paesi del circondario: «Dovendo passare molta truppa nelle vicinanze di Maida si richiedono i Municipi di Catanzaro Crotone Nicastro ed altri di mandare tutti viveri e scarpe [più] che sia possibile al casino di Vitale in Maida sulla strada consolare. Non potendo inviare viveri, che si inviino fondi al Sindaco di Maida cui darà conto».

Dopo una sosta a Tiriolo, Garibaldi proseguì per San Pietro Apostolo dove in casa di Anselmo Tomaini bevve un caffè, la cui tazzina è ancora gelosamente custodita dai discendenti di quest’ultimo. La sosta a San Pietro Apostolo fu breve in quanto Garibaldi doveva raggiungere al più presto la casa di Francesco Stocco a Decollatura dove rimase a dormire per la notte. Qui venne stilato il programma di resa che il giorno successivo venne sottoposto al generale Ghio.

Dal territorio di Tiriolo, come già detto, i garibaldini fecero rotta verso Soveria Mannelli, dove ottennero la resa dei soldati borbonici senza nemmeno esplodere una pallottola... Dopo la sosta ad Agrifoglio, Garibaldi continuò la sua marcia in direzione di Rogliano, dove fu ospite della famiglia Ricciulli.

Giunto a Cosenza proseguì via mare per Napoli. Un altro monumento, il primo in ordine di tempo, eretto in memoria dell'impresa garibaldina, è l'obelisco che sorge nei pressi del ponte Turrina, ora delle Grazie, quasi al bivio per Maida. Ad erigerlo fu l'amministrazione provinciale di Catanzaro che intese ricordare anche i caduti del 27 giugno del 1848, nella celebre battaglia di Maida contro le truppe di Ferdinando Il. Bene avrebbero fatto la Regione Calabria, la Provincia di Catanzaro e i Comuni interessati a programmare un itinerario turistico - culturale sui luoghi che furono teatro della Spedizione dei Mille. Ma cose sempre accade in questi casi, o si arriva troppo tardi, oppure si sorvola, con buona pace di Garibaldi e dei suoi “ Mille”.

Nb: L'articolo è tratto da "Storicittà", (mensile illustrato diretto dall'Editore e Resp. M.Iannicelli) ,pag.4-7 anno XIX, n°184 Agosto 2010,Tip. Stampa Sud - Lamezia Terme.  E' severamente vietata la riproduzione salvo autorizzazione: Email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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