Testimomi del Tempo

Basilio Sposato

Basilio Sposato

Cenni Biografici
di Filippo D’Andrea

 

Basilio Sposato nasce a Sambiase ora Lamezia Terme il 6 dicembre 1914 da mamma Vincenzina e papà Vincenzo, noto farmacologo. Compie gli studi al liceo P. Galluppi di Catanzaro e successivamente si laurea a Roma in Giurisprudenza il 10 luglio 1937 con l’illustre giurista Giorgio Del Vecchio che lo definisce ”uomo vero ed autentico pensatore”. Frequenta i corsi di diritto di Del Vecchio con Aldo Moro di cui diventa amico e da questi viene definito: “intelletto poderoso, dottrina vasta, alta e nobile spiritualità”.

A soli 25 anni vince il concorso in magistratura arrivando primo nella graduatoria nazionale ed inizia la sua carriera a Milano. Rientra in Calabria (amministra giustizia a Nicastro, Crotone, Catanzaro) ove rimane fino al 1954. Mons. Giambro vescovo di Nicastro lo nomina presidente dell’Azione Cattolica e lo invita a candidarsi alla camera dei deputati nelle elezioni del 1948, ma non supera la prova nonostante un largo consenso. Nel 1967 vince il concorso per Magistrato di Cassazione con destinazione alle Sezioni Unite; il 12 ottobre dello stesso anno si sposa con Rita Tomasina Rudas da cui avrà due figli: Pietro e Francesca.Nel 1976 è promosso Procuratore Generale della Corte di Appello di Cagliari e nel 1980 è nominato Presidente della Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione. Ma nello stesso anno il 19 settembre, come egli stesso disse prima della morte, “Iddio lo chiama al cospetto del Suo Tribunale”. Scrive di giurisprudenza, filosofia e teologia: il volume “La logica della Vivente Unità“; saggi sui “Quaderni di maturità” diretti dal valente Gennaro Anania, (interessante per il convegno ecclesiale regionale sui laici il saggio: “Preparazione teologica ed impegno apostolico dei laici cattolici”, oltre alla relazione tenuta al 25° di fondazione del TOM a Sambiase, di cui è stato correttore, col titolo: “Il terziario nella vita moderna”); interviene anche su “Famiglia Cristiana”.Il pensiero poliedrico di Sposato “è un travaglio spirituale, viva partecipazione al dramma dell’esistenza ed intrinseca passione” (Mons. Vincenzo Rimedio).

“La serenità non è la calma che segue la tempesta, è piuttosto la calma nella tempesta, è l’autodominio in mezzo alle immancabili prove” scrive il Giudice Sposato.E da amministratore della giustizia si trova spesso in mezzo a tempeste. “Il fatto … - afferma nella sua relazione di apertura dell’anno giudiziario del 1979 in Sardegna quale Procuratore Generale - si presenta alla prima apprensione, oscuro, caotico e muto e chi deve giudicare deve sforzarsi di leggere dentro affinché esso si apra nella molteplicità delle sue determinazioni nella carica umana di bene e male, di colpa e di sventura che sempre, chi ben guardi vi sono commisti. Ma questa operazione ‘dell’intus legere’, è tutt’altro che gratuita, viene dopo, e corona l’interiore dibattito, sempre aperto finché il dubbio continua a risorgere a pié del vero; viene dopo e corona la ricerca minuta e paziente, il lavoro pensoso e severo al quale chi giudica deve prepararsi”. E sempre nella stessa relazione: “Non si può rendere giustizia se la giustizia non vive nel cuore di chi è chiamato ad amministrarla.

Al magistrato umile portatore di giustizia fra i piccoli ed i grandi confliggenti interessi del mondo, è indispensabile l’eroica dedizione del mistico e dell’asceta: asceta, anch’egli, nel turbine di questo tempo senza pace” L’aspetto politico lo vede impegnato per lo sviluppo della Democrazia Cristiana della provincia di Catanzaro tra gli anni ‘40 e ’50 convinto che il laico cattolico deve tendere verso una “crescente espansione esteriore”, superando il “cristianesimo nominale” che si regge su “una concezione puramente estrinseca e legalitaria dei rapporti dell’uomo con Dio e, quindi, della religione come un insieme di noiosi precetti che inceppano e comprimono ‘ab extra’, il naturale svolgersi della vita individuale”. Nel 1948 accetta, solo per obbedienza al vescovo Giambro, la candidatura alla Camera e dimostra di non essere affatto un uomo che vive in una campana di vetro.

Egli si fa avvicinare facilmente da tutti per la sua “naturale cortesia, la spontanea benignità, la genuina cordialità” e conosce “perfettamente le pulsazioni e gli umori” della gente (Natale Pansera, suo intimo amico). “Il palpito della vita ordinaria raggiungeva anche la sua stanza francescana stracolma di libri…Da essi traeva alimento di vita spirituale ed il vigore del suo conversare saggio e profondo” (N. Pansera).Infatti, così esorta i suoi confratelli del terz’ordine dei minimi: “Ma come possiamo sperare di svolgere un proficuo apostolato se noi stessi siamo del tutto digiuni di scienza religiosa”(Relazione del 20.10.1965)Testimonia p. Michele Serpe o.m.: “lo si vedeva camminare ad occhi bassi, però col sorriso sulle labbra, chiunque lo salutava, sempre sorridente…Ed io quando vedevo camminare lui per le strade, mi ricordavo san Francesco d’Assisi “ che predicava col suo camminare in silenzio per le strade.