Testimomi del Tempo

Il poeta Pietro Antonio Marasco

Il poeta Pietro Antonio Marasco

di Enrico Borrello (*)

E ci par doveroso ancora ricordare altri degni figli di Sambiase, i quali, se non furono della levatura d'un Nicotera o d'un Fiorentino, hanno, tuttavia, contribuito ad accrescere prestigio alla terra natale. E vogliamo parlare di Pietro Antonio Marasco, poeta vernacolo apprezzatissimo.

Pietro Antonio Marasco nacque a Sambiase nel 1846 e morì a Serrastretta nel giugno 1896(1), compianto e stimato per la sua lealtà da tutti i paesi del circondario di Nicastro. Discepolo dei professori Barini, Celli, Tamburini, dei quali fu il prediletto, egli si era incamminato per gli studi classici, le cui letterature, massime l'italiana e la latina, l'attiravano. Financo al suo letto di morte trovava un conforto nello scorrere le immortali pagine dei grandi scrittori italiani, di Orazio, Virgilio, Ovidio ,e Livio. Senonchè i suoi ideali furono bruscamente spezzati dal male che affligge noi altri poverelli: un bel giorno del '64 (frequentava egli allora il liceo di Catanzaro) i suoi gli diedero la triste notizia che non avrebbero potuto mandargli più un soldo; pensasse, quindi, ai casi suoi. Sfiduciato e addolorato nel vedere svaniti i suoi sogni di 18 anni, diede gli esami di agrimensura ed ottenne il diploma dalla Università di Napoli, con lode.

Compiuto il servizio militare e tornato in paese, costretto dalla prosa della vita a lavorare per vivere nei nostri fangosi paeselli, di tratto in tratto trovava qualche soddisfazione nell'ispirarsi alla sua alpestre Musa, componendo parecchi lavorucci in italiano e in vernacolo. Già la sua vena poetica, per dir così, s'era manifestata fin da quando era studente di ginnasio. Anzi, il defunto e caro prof. Luigi Barini volle assolutamente pubblicargli la traduzione delle favole greche ch'egli faceva in versi sciolti. Disgustato della società dei tempi e dei brogli che la infestavano, egli stigmatizzò, con parole di fuoco, governo, municipio (si era allora trasferito a Decollatura), preti, professionisti per burla, ecc...

Sdegnoso e fiero per` natura, disprezzò le alte protezioni, i signori, i quali cercavano di amicarselo sia perché lo temevano, sia per valersi dell'opera sua come agrimensore.
Ma egli si ispirava sempre ai versi del suo prediletto Parini: «Me non nato a percotere - Le dure illustri porte - Nudo accorrà, ma libero - Il regno della morte». Meritò anche la stima e l'ammirazione dei colleghi e dei superiori in ingegneria, quali il Migliavacca, Campolonghi, Inselvini, Francesco Adamo, ecc. Così che, fra una perizia ed un progetto stradale, che, a dire dei competenti, sono dei capolavori d'arte, compose un certo numero poesie in tanti metri e di diverso genere.

Però alle insistenze degli amici, i quali volevano che egli le riordinasse e pubblicasse, rispondeva coi suoi versi su Decollatura:
Cchi dicu de 'nu povaru casale? Quandu se piglia lla pinna e se canta S'à de cantare de cosa chi vale!

Voglio, avere il diritto (è Michele Pane che scrive) di criticare le tante baggianate che vanno per le stampe. Pubblicò in incognito la satira: «La satturia», perché in certi periodi nascondeva camorre inaudite. Ma son tutti inediti gli altri suoi scritti, quali, per citarne alcuni: «La capitale di Decollatura»", «Ad una giovinetta», il «Canto del Trovatore», «A Dante», «Addio», «Il Mattino», «Le tasse diverse», «La .Marasca», «Sproloqui di un ebete», ecc.., "tra le scritte in italiano, e poi tra quelle in dialetto: «Nu prievete de Dicollatura», «I costumi di Decollatura» (poemetto del quale fu scritta solo la prima e seconda parte) «Avvertimenti a Satanasso», «La Missa», «Brindisi», ecc...

Una sola ce n'è stata tramandata: «La satturia di Decollatura», perché pubblicata da Michele Pane sul numero 8 della sua bella rivista «Il Lupo», del dicembre 1925. Ma noi non possiamo riportarla, perché troppo lunga.

 


Note

(1) Dalla Rivista: «Il Lupo», diretta da Michele Pane-Fiorentino. Pubblicata in America. AnnoI, n°2, giugno 1925.

_______________

* Pietro Antonio Marasco è tratto dal libro: "Sambiase, storia della città e del suo territorio", di E.Borrello, Cap.VIII,pagg312,313, Temesa Editrice,1988.