Albino Mauro - Esperienze e ricordi dell’avvocatura di ieri e di oggi

 

          Premessa  di Pina Majone Mauro

   Il grande privilegio e l'immeritata fortuna di essere la moglie di Albino Mauro, ma soprattutto la gioia esclusiva e trepida di aver vissuto la sua dolorosa vicenda fino all'ultimo giorno mi sollecitano, a un anno dalla sua scomparsa, a parlare di Lui e di questa sua estrema straordinaria fatica. 


Questo scritto non è, come a qualcuno potrebbe sembrare, un "testamento spirituale" patetico e disperato, ma una lunga e lucida memoria che, dopo aver percorso a ritroso il suo cammino vitale, dall'adolescenza felice fino all'infausto giorno dell'incidente che ha distrutto la sua e la nostra vita, approda a queste pagine.

Attraversando il tempo, vicende tristi e liete, luci e ombre del passato remoto e recente acquistano via via la forma del racconto esaltante di un'esistenza privata e pubblica vissuta nella pienezza dell'impegno professionale, in costante aderenza ai più alti valori della vita e della professione e nella gioiosa corrispondenza ai sensi dell'amicizia e degli affetti più cari, che lo hanno reso dovunque e sempre amabilmente unico.
Negli ultimi due anni, i più dolorosi della sua e della nostra vita, Albino, come Egli stesso afferma in qualche luogo di questo libro, si era fatto un nuovo inseparabile amico: il computer. E che fossero inseparabili lo dimostra il fatto che, in pochi mesi di simbiotica convivenza, sia riuscito a scrivere questa lunga dettagliata "memoria", per la quale, con straordinario e quasi giovanile ardore, ha speso le sue ultime preziose energie.
Ogni mattina, dopo la prima colazione e il rituale penoso della somministrazione dei tanti farmaci (nei quali ormai né Lui né noi né gli stessi medici benché bravissimi e premurosi credevamo più) si faceva "spingere" dalla fedele Maria, che per due lunghi anni affettuosamente si è presa cura di Lui, fino al grande tavolo dove Carlo gli aveva sistemato tutto l'occorrente per poter riscrivere, in chiave computerizzata, la sua vicenda esistenziale così ricca di esaltanti episodi, soprattutto professionali, e tanti ricordi che gli urgevano dentro quasi dolorosamente. E lì, nel silenzio della grande casa fra i segni intatti del nostro familiare vissuto, riusciva a estrapolarsi dal contesto delle quotidiane banalità, che del resto non lo avevano mai interessato, dimostrando uno stupefacente potere di astrazione anche dal dolore fisico e psicologico che il suo male gli procurava.
Concentratissimo e solitario, come sempre è stato nel suo lavoro, dopo aver scritto per ore non mostrava segni di stanchezza ma un volto più disteso, un'aria soddisfatta di appagamento, come si fosse liberato da un peso. Com'era nel suo costume in ogni occasione della sua vita, Albino ha adottato l'infallibile chiave narrativa della Verità: in questo scritto, infatti, sono raccontati con grande trasparenza e semplicità discorsiva, tanto gli eventi lieti che quelli tristi, tanto le vittorie che le sconfitte, sempre minimizzando i propri meriti ma analizzando spietatamente i propri errori, per individuarne le cause nell'ambito di una ricerca continua della perfezione. Albino non ha mai vantato se stesso o i suoi figli o le sue cose: diffidava molto di coloro che assicurano di non sbagliare mai e ancor più di quelli che... "io non ho difetti!" sostenendo che, solo se percepiti dal di fuori, e cioè dagli altri, le virtù ma anche i difetti acquistano il loro vero significato, la loro reale dimensione, la loro effettiva incidenza nel comportamento di una persona.
Silenzioso e gigantesco nella sua solitudine intellettuale, scelta necessaria per poter svolgere al meglio il suo lavoro, l'ho visto ogni giorno e per tanti mesi scrivere con velocità e concentrazione senza badare a ciò e a chi gli ruotava intorno, convinto forse di trovarsi ancora nel suo studio legale, dove sempre si attardava fino a notte per espletare le incombenze legate alla sua professione. Oltre all'amore mio e dei figli, oltre all'affettuosa vicinanza dei familiari, soprattutto della sorella Ida per la quale nutriva tanta tenerezza, del carissimo cognato Antonio che anche come medico gli è stato molto vicino e del fratello Davide, che, conoscendo la sua quasi infantile golosità, lo "viziavano" portandogli spesso dolcini e gelato, la Scrittura è stata, nell'ultimo suo tempo, la sua grande compagna e consolatrice, l'appagamento intellettuale, il motivo non unico ma importante che gli ha reso meno penosa la forzata inattività e più sopportabile la sofferenza.
Lo rendevano molto felice, e in quelle occasioni si commuoveva fino alle lacrime, le visite del fratello Gregorio, delle cognate Sisa e Ornella, Dina e Angelina, quelle dei tanti nipoti che amava molto nonché quelle degli amici più affezionati.
Oltre a questi incontri, l'attitudine alla scrittura e la facoltà divina della parola sono state per Lui l'unica vera ricchezza: da ciò che ha scritto in questo libro si evince che Egli fu sempre restio all'accumulo dei beni materiali e noncurante del denaro, poiché si sentiva pago solo di questi doni straordinari che Dio gli aveva elargito e che ha sempre considerato privilegio immenso oltre che necessità primarie per la sua vita di relazione privata e pubblica, doti che hanno fatto di Lui un grande ragionatore ed un abilissimo scrittore. Quando le sue mani non hanno più potuto esprimersi nei gesti dell'amore e dell'eloquenza, non più scrivere, non più dare o ricevere, non più accarezzare, quando la sua voce limpida che non assumeva mai i toni scomposti dell'ira, sempre decisa e pacata insieme, quando non ha più potuto esprimere il suo pensiero e le sue emozioni, Lui non si è arreso ma ha lottato titanicamente fino alla fine per superare questo suo penoso handicap. Tanto è vero che, nell'estate del 2006, mentre si trovava per cure in una clinica romana, nonostante per tanti anni si fosse rifiutato di usare il computer (in ciò lo suppliva egregiamente la sua fedele e discreta segretaria Emanuela, che sempre e fino alla fine gli è stata vicina nel suo lavoro), chiese ad una gentile e disponibile logopedista di svelargli i segreti del magico "marchingegno", imparando in pochi giorni ad usarlo correttamente.
Tornato a casa si è subito messo al lavoro per realizzare un progetto che gli stava in mente da tempo, quello di raccontare i fatti più salienti della sua vita professionale, intramezzandoli e vivicizzandoli con vicende della sua vita privata, allo scopo di non appesantire la narrazione.
La finalità dell'opera è quella di testimoniare in prima persona ai giovani che già hanno cominciato e a quelli che cominceranno domani ad esercitarla le luci e le ombre della nobile e antica arte dell'avvocatura.
Chi leggerà queste pagine si imbatterà in circostanze varie e molteplici: la maggior parte sono legate alla sua professione alla quale ha donato le sue straordinarie energie intellettuali, la sua approfondita competenza giuridica e la sua poliedrica esperienza, a cui voleva che i giovani attingessero per migliorare e nobilitare il loro lavoro, altre sono legate alla sua vita privata, di cui di solito non amava parlare, ma che è stata da Lui vissuta armonicamente per renderla compatibile con la sua concitata vita professionale: entrambe vissute dentro il parametro di un dignitoso equilibrio interiore.
Negli ultimi mesi il precipitare della malattia non ha lasciato spazio né a Lui né a noi di curare la pubblicazione di questo suo scritto che, pertanto, esce postumo ma fedele a quelle che sono state le indicazioni e le direttive da Lui stesso lasciate a chi si è occupato della realizzazione.
Quello che più conta adesso è che i giovani professionisti leggano questo suo libro con la passione e la voglia di miglioramento, che è il solo modo di onorarlo come Lui avrebbe voluto.
Pina Majone Mauro