Una lotteria del 1859 in favore di Giovanni Nicotera quando era rinchiuso nelle carceri dell’isola di Favignana

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di Carmelo Calci

   In una calda domenica, frugando tra il materiale cartaceo di una bancarella del caotico mercato di Porta Portese a Roma, sono stato attratto da un curioso foglietto relativo a una lotteria che si è svolta a Milano nel 1859 in favore di Giovanni Nicotera (1) quando, dopo l’infelice Spedizione di Sapri, era rinchiuso nelle carceri dell’isola di Favignana.

Dopo l’arresto a Sanza, Nicotera rimase per tre giorni nelle carceri di Buonabitacolo e il 7 luglio 1857 fu condotto a Sapri per essere imbarcato per Salerno. Il 9 luglio fu interrogato dall’Intendente marchese Luigi Ajossa ed il 10 l’istruttoria passò al Procuratore generale Francesco Pacifico (2) presso la Gran Corte criminale della Provincia di Principato Citeriore.
Nicotera così rispose alle prime domande: Mi chiamo Giovanni Nicotera, figlio di Felice, di anni 29, nato in S. Biase, provincia di Catanzaro, dimorante quando era nel Regno in Nicastro e S. Biase, studente di avvocheria nell’anno 1848; quell’epoca ho abbandonato gli studi. Capo della Guardia Nazionale di S. Biase, nominato dall’Intendente Barone Marsico, partii pe’ campi di Filadelfia col grado di Capitano, e presi parte a quel conflitto. Sbandate le masse, mi portai in Tiriolo, e di là per la Sila, giunsi a Botticella che sta sulla marina fra Catanzaro e Crotone ove m’imbarcai con Ricciardi, Rocco Susanna, Eugenio de Risa, Luigi Miceli, Luigi Caruso, Peppino Sarda, Stanislao Lupinacci, Basilio Mele, Paolo Vacatello, Pasquale e Benedetto Musolino, Salvatore Lamacchia, Domenico Mauro e Nicola Lepiane. Ciò fu attuato su di una piccola barca, la quale arrivata nelle vicinanze di Cotrone ci trasbordò su due trabacoli molfettesi: presimo la volta di Corfù, dove fummo provveduti di passaporti inglesi, e venne posto a nostra disposizione un vapore inglese, che pagammo 120 talleri; ci trasportò in Ancona. Di là andammo a Roma, ove presimo parte a quelle rivolture. Io vi serviva in qualità di uffiziale nel Reggimento Manara: fui ferito. Nel finir di Decembre del 1849 andai a Torino, e di là a Genova ed a Nizza, ove portavami allo spesso. Il mio domicilio però fu fissato a Torino. Ivi sono Lepiane, i fratelli Plutino, Mauro, D. Giov. Andrea Nesci. Non ho fatto mai parte di alcuna setta, ma partecipai delle idee del partito Nazionale. Saliceti sta a Parigi; Romeo va e viene da Francia e Piemonte; Mosciara è in Inghilterra. Ritengo che sette non ve ne siano, perché ignoro perfettamente come possano esser organizzate nel Regno. Comitati ve ne sono (specialmente murattisti) in tutte le Provincie, e corrispondenti ne’ Comuni. Sono però a mia notizia tutte le particolarità della spedizione, perché ne’ primi giorni di Maggio venne in mia casa a Torino ad invitarmi per la spedizione Pisacane, rendendomi certo della riuscita: e mi fece all’uopo mostra di lettera del Comitato Napoletano, e con questa sicurezza mossi di là, come verrò in appresso a raccontare.
   Da una lettera del 17 giugno 1858 scritta dal carcere di Salerno alla moglie di Carlo Pisacane (3), Enrichetta Di Lorenzo, Nicotera si giustifica con l’amica per non averla contattata prima… Per più mesi, dopo la catastrofe – sebbene gravemente infermo per la ferita di archibugio alla mano, che mi è rimasta non so come ma offesa, per i due colpi di scure alla testa e per le non poche bastonate su tutto il corpo – non potevo acquietarmi all’idea della morte del nostro eroe, e quasi stupìto altro non sapeva desiderare se non di raggiungerlo al più presto.

Adesso però mi piace il vivere, perché a me solo è dovuto il vendicarlo… Posso accertarvi che il nostro amatissimo Carlo anche nei momenti più difficili si ricordò di voi e della povera Silvietta; e segnatamente la notte precedente al giorno della carneficina, camminando, o per meglio dire inerpicandoci nel bosco, mi disse: «Nicotera, è necessario che a vicenda ci comunichiamo le ultime nostre volontà, perché prevedo che breve sarà il nostro vivere.
Mi sforzai di dileguare dalla sua mente quel triste pensiero; ma egli, stringendomi la mano, soggiunse: «Voi ora sperate quel che ieri e giustamente credevate impossibile: il tradimento è consumato e se qualcuno si salverà dovrà farlo costare caro. Nicotera, se voi non morrete, abbiate cura della sventurata Enrichetta e della povera mia Silvia, e riguardate quest’ultima come vostra figlia».

  Il processo, iniziato il 29 gennaio 1858 (4), si concluse il 19 luglio con la condanna a morte del Nicotera, ma il successivo 22 la pena gli veniva commutata nell’ergastolo (5). Nicotera, dal 28 luglio al 24 agosto 1858, fu rinchiuso nelle carceri della Vicaria di Napoli finché, su disposizione di Ferdinando II, fu imbarcato sul regio piroscafo la “Rondine”, insieme ad altri 55 condannati, per Palermo, dove restò due giorni nelle carceri della città, e il 31 fu condotto in quelle del Castello della Colombaia (6) di Trapani, mentre gli altri detenuti furono smistati nelle isole di Ustica, Favignana, Pantelleria e Lipari.  
   Il 16 settembre del 1858 Giovanni Nicotera fu trasferito nell’isola di Favignana (7) prima nella “fossa” del Forte di S. Caterina, incatenato da solo in una cella, la peggiore, nota come “stanza del somaro” per l’odore puzzolente che emanava in quanto vi passava lo scarico dei liquami degli altri detenuti, e lì rimase circa sei mesi rischiando più volte di rimanere soffocato (8) e poi, dal 16 marzo 1859 nelle prigioni di Castel S. Giacomo, dove le condizioni carcerarie erano meno dure. 
   E’ proprio all’inizio del 1859 che maturò tra i mazziniani la decisione di organizzare la lotteria in favore di Nicotera. Il biglietto della lotteria reca sul recto: «Franchi 2. N. 3 / Lotteria di una Scatola grande di Canditi di Romanengo e di un Tappeto in lana lavorato a mano a beneficio di Giovanni Nicotera insigne patriota, compagno di Pisacane nell’eroica spedizione di Sapri e tuttora detenuto nei sotterranei della Colombaja di Trapani (9). Il primo numero estratto determinerà la vincita della Scatola di canditi; il secondo quella del Tappeto. L’estrazione sarà fatta in uno Stabilimento di beneficenza di Milano, nell’ultima settima di aprile corrente anno». Mentre sul verso: «Nicotera, martire vivente, alla vigilia delle nozze lasciava la fidanzata, ogni sua cosa vendeva, ad un cenno di Pisacane, e lo accompagnava nei pericoli e nell’onore della spedizione di Sapri. Il giorno del combattimento vide i suoi compagni trucidati, e Pisacane ucciso, tagliato a pezzi e gettato in mare; ei pure cadde gravemente ferito e giacque sul campo come morto; poi fu trascinato in carcere, insultato, torturato e condannato a morte ..


Durante il processo di Salerno egli, Più pensoso di altrui che di sè stesso, pose ogni studio per sgravare i superstiti compagni da ogni imputazione gravandone sè medesimo; e taluno di loro passeggia libero in qualche parte d’Italia a farne testimonianza, se non l’ha dimenticato!... Condonatagli la vita ove avesse gridato: – Viva il Re (quello di Napoli) – e indotto i compagni a ripetere il grido, rispose: “Gridare viva il Re, significherebbe gridare: Morte alla libertà. – No: Morte al Re; Viva l’Italia!” (e d’allora ei giace in carcere)».
   Il biglietto a stampa su entrambe le facce, eccetto la numerazione progressiva scritta ad inchiostro, oltre a precisare i primi due premi ci fornisce, anche, notizie sul beneficiario della lotteria, Giovanni Nicotera, allora detenuto nelle carceri dell’isola di Favignana, mentre sul biglietto sono ancora indicati i sotterranei della “Colombaja di Trapani”. 

  Il primo premio era una grande scatola di Canditi prodotti dalla Romanengo, ditta che ancora oggi ci delizia con i suoi prodotti dolciari conosciuti in tutto il mondo (10). La ditta Romanengo di Genova nacque nel 1780 per opera di Antonio Maria Romanengo che aprì in via della Maddalena un negozio di droghe e generi coloniali. I due figli, Stefano e Francesco (11), continuarono l’attività. Stefano, con una patente di confettiere rilasciata dall’Università di Genova, nel 1814 trasferì il negozio in via Soziglia, ancora oggi sede della ditta. Il figlio di Stefano, Pietro, iscrisse la ditta alla Camera di Commercio e Arti come “Pietro Romanengo fu Stefano” per ricordare il nome del padre nella propria insegna.

   Stefano prima, e poi Pietro, continuando anche a commerciare zucchero e coloniali che importavano attraverso il porto, impostarono la propria attività sul modello dell’antica figura professionale del “confiseur-chocolatier”.
   Il confettiere, divenuto poi anche cioccolatiere, fabbricava allora i prodotti di zucchero, le marmellate, la frutta candita, gli sciroppi e i liquori. Stefano si ispirò a Parigi nella costruzione del negozio di via Soziglia, ricco di marmi e legni pregiati, e nella scelta della gamma di prodotti che fabbricava in una casa di Campetto attrezzata con le prime macchine industriali (francesi) dell’epoca. Pietro seguì l’impostazione del padre e ne sviluppò le intuizioni portando la ditta a occupare un posto di rilievo nella produzione dolciaria genovese (12).
   Scrive un autore che “pur restando saldamente ancorata alla tradizione genovese dei canditi e dei confetti la produzione Romanengo si differenziava per la qualità da quella degli altri confettieri, nonché per la capacità di ispirarsi direttamente, eguagliandone i risultati, alle novità francesi”. Il nome della ditta divenne noto non solo a Genova e cominciarono le forniture a personaggi eminenti come la duchessa di Parma, la duchessa Galliera, Giuseppe Verdi, le cui lettere sui canditi di Romanengo sono conservate nel museo del teatro della Scala di Milano. Anche il principe Umberto, in occasione delle sue nozze con Margherita di Savoia nel 1868, ordinava “frutti canditi, demisucres, bomboni eleganti e piccole bomboniere in metallo dorato con pastiglie” (13).
   Esiste un interessante documento del 13 ottobre 1863 che Pietro inviò, su richiesta, al presidente della Camera di Commercio e Arti di Genova. Riferisce il documento che ai primi dell’800 “l’industria della confetteria in Genova era già adulta”, soprattutto “nella parte della frutta candita che fu sempre il suo ramo principale”.
Infatti “il frequente approdo nel porto di bastimenti greci, dalmati e maltesi” forniva un importante alimento di frutta che veniva candita e “esportata contemporaneamente in Germania e in America”.
   Non mi è stato possibile rintracciare eventuali giornali d’epoca che potrebbero ricordare l’argomento, ma riferimenti utili li troviamo nella corrispondenza tra i mazziniani Alberto Mario e Agostino Bertani (14). In una lettera a Bertani, Alberto Mario così si esprime … Caro Amico, Vedendomi ritardare la tua risposta mi rivolsi a Garibaldi per i 500 fr. di Nicotera. Se egli pure tarderà a rispondermi, li manderò a te, onde tu li trasmetta alla Sig. Enrichetta Di Lorenzo, Genova, la quale li farà pervenire in mano del prigioniero… Prosegue facendo riferimento alle somme per il milione di fucili … Intanto ti spedisco due metà di due biglietti di banca inglesi da 500 franchi ciascuno: appena mi avrai scritto d’averli ricevuti ti manderò le altre due metà: poi ti farò pagare costà fr. 43: il che importerà la somma di fr. 1043 pel milione di fucili offerti da amici nostri, i nomi dei quali ho pubblicati sul Pensiero ed Azione…
A proposito dei fatti di Milano dove si pensa coinvolta la moglie Jessie White, Alberto Mario risponde nuovamente a Bertani (15): … Mia moglie, che non si separa mai da me, venne meco a Milano per vedervi la festa e trarne argomento a una corrispondenza per l’America, e per provvedere alla lotteria Nicotera da lei iniziata: onde ti mando 500 franchi sin ora raccolti, e spero mandartene tra poco altri 500. saranno probabilmente i biglietti della lotteria-Nicotera che significheranno Viva la repubblica. Ella, del resto all’infuori delle letture sulla causa italiana in Inghilterra e in America, unico suo campo d’azione, non prese né prende alcuna parte nelle cose nostre. Essendosi consecrata per devozione all’Italia, a renderne simpatica la causa presso i suoi connazionali, non ha certamente raccolte rose nel nostro paese: però non si pente dell’opera sua né si stanca, e le menzogne recenti pone a fascio colle antecedenti; e formano già un bel mucchio d’ogni colore e qualità. Quindi è probabile che proprio la Jessie White Mario abbia promosso l’iniziativa della lotteria ed anche il testo sul biglietto sia stato scritto da lei stessa. Una conferma in tal senso la ritroviamo anche in una lettera pubblicata sul giornale Pensiero ed Azione del 27 gennaio 1860 (16).
Anche il garibaldino Ippolito Nievo (17) fa riferimento alla lotteria in favore di Giovanni Nicotera, dopo aver raccontato i giorni della presa di Palermo, in una lettera datata Palermo 24 giugno 1860 indirizzata alla cugina Bice Melzi Gobio: … Ma, descritto il passato mi toccherebbe poi sempre accennare al futuro – Cosa faremo ora? – Medici è arrivato, il Generale sembra impaziente, già una colonna dei primi venuti (come siamo superbi di questa 18 distinzione!) si slancia per Catania e Messina – si buccina, si pensa d’una imminente spedizione in Calabria: alcuni Calabresi sono partiti – Nicotera fra gli altri liberato per opera nostra dalle prigioni di Trapani. Sai! gli è quello della lotteria dei canditi. Io facilmente partirò anch’io, se qua potranno far senza di me…
   Un cenno della lotteria è anche in Nello Rosselli (18) che parlando della tragica fine di Carlo Pisacane dice di possedere un biglietto della lotteria. Nicotera resterà nelle galere borboniche fino al 3 giugno 1860, quando a mezzogiorno, le truppe regie lasciarono Favignana, ed il popolo con a capo Leonardo Casubolo corse a Castel S. Giacomo a liberare tutti i detenuti politici della sventurata spedizione di Sapri.
   Nicotera, appena riacquistata la libertà, con una piccola imbarcazione si recò a Trapani per organizzare la Guardia Nazionale e poi ritornò a Favignana per prendere i suoi quindici compagni e gli altri detenuti politici dell’isola (19). Il giorno 8 Nicotera con i suoi compagni, sbarcato un’altra volta a Trapani, si diresse poi alla volta di Palermo per unirsi a Garibaldi. Il 12 giugno con una lettera scritta da Palermo comunicò ad Enrichetta Di Lorenzo (20) la sua liberazione: Ecco finalmente giunto il giorno tanto sospirato: io e i miei compagni siamo liberi... 
   Erano passati pochi giorni dalla sua liberazione ed eccolo di nuovo in azione. Da Garibaldi fu inviato in Toscana per organizzare un corpo di volontari (21) nel tentativo di invadere lo Stato Pontificio, costretto poi allo scioglimento da Cavour. Dopo l’unificazione nazionale, Giovanni Nicotera ebbe una brillante carriera politica e certamente fu il maggiore protagonista calabrese del nostro Risorgimento.


Note

1. Giovanni Nicotera (Sambiase 1828 - Vico Equense 1894). Patriota e uomo politico. Aderisce giovanissimo alla “Giovine Italia” di Mazzini e nel 1848 prende parte ai moti rivoluzionari calabresi, condannato, riuscì a fuggire e riparare a Malta. Nel 1849 è con Garibaldi a Roma in difesa della Repubblica dove si segnalò ottenendo la medaglia d’argento al valor militare. Rifugiatosi in Piemonte, organizza nel 1857 la sfortunata “Spedizione di Sapri” con Carlo Pisacane. Condannato a morte, e successivamente all’ergastolo, è liberato nel 1860 per l’intervento di Garibaldi e con il grado di colonnello ebbe il comando della 5ª brigata dei volontari. Inviato in Toscana, organizza un corpo di volontari nel tentativo di invadere lo Stato Pontificio, costretto poi allo scioglimento da Cavour. Tentò di raggiungere Garibaldi nel 1862 in Aspromonte e nel 1866 partecipò alla terza guerra d’indipendenza al comando del 6° reggimento Cacciatori delle Alpi, segnalandosi a Condino e ottenendo la medaglia d’argento al valor militare e successivamente il comando della 5ª brigata e il grado di maggior generale. Nel 1867 partecipa alla infruttuosa campagna dell’Agro Romano comandando la colonna che mosse su Velletri. Deputato dalla VIII alla XVIII legislatura, fu ministro dell’Interno nel primo governo Depretis (1876) e nel 1891 con Rudinì.
2. A.S.S., busta 214, vol. IV degl’Interrogatori, C. 18 ss.
3. G.E. CURATOLO, «Il dramma d’amore di Carlo Pisacane», in Nuova Antologia, 16 febbraio 1933, pp. 370-371.
4. Per quanto concerne l’atto di accusa al processo vedi: Atto di accusa proposta dal Procuratore generale del Re presso la Gran Corte Criminale di Principato Citeriore contro Giovanni Nicotera ed altri molti detenuti Imputati degli avvenimenti politici verificatisi in Ponza, Sapri, ed altri paesi del Distretto di Sala e decisione emessa dalla G.C. su di essa, Stabilimento Tipografico di Raffaello Migliaccio,
5. D. DE GIORGIO, «La prigionia di Giovanni Nicotera», in Historica, IX, 1956, n. 3, p. 83. Certamente furono determinanti le istante del Governo inglese e la richiesta di grazia della sua fidanzata Nina Poerio.
6. Fortezza posta su un isolotto a guardia del porto di Trapani tristemente famosa per le sue carceri. Per la prigionia vedi: L.A. PAGANO, «La spedizione di Sapri e la prigionia di G. Nicotera nelle carte della polizia borbonica di Sicilia», in Rassegna storica del Risorgimento, XXI, 1934, pp. 347-377.
7. M. GALLITTO, Egadi ieri e oggi, l’Arcilettore Edizioni, rist., Roncadelle 2008, pp. 68-69.
8. L. BARBONI, «L’anima eroica di Giovanni Nicotera», in C. Cappuccio (a cura di), Memorialisti dell’Ottocento, II, Riccardo Riccardi Editore, Milano-Napoli 1958, pp. 930-952.
9. È indicata la Colombaia di Trapani, perché, probabilmente, i detenuti prima di essere smistati nelle carceri della Favignana trovavano “ospitalità” in questo forte.
10. La fabbrica è in viale Mojon, 1 a Genova ed i negozi in via Soziglia 74r e in via Roma, 51r.
11. Francesco, separatosi da Stefano, aprì invece in via Orefici il negozio che sarebbe poi diventato la “Vedova Romanengo”, ceduto a terzi intorno al 1840 e da allora sempre passato per diversi proprietari che, ingenerando purtroppo confusione, conservarono sempre il nome Romanengo nella propria insegna.
12. Nel 1859 l’industria dei canditi occupava a Genova 200 operai che fabbricavano 200 mila kg. di cedri canditi destinati quasi interamente all’esportazione in Olanda, Germania e Stati Uniti, 50 mila kg. di aranci amari canditi interamente esportati nel nord Europa e 60 mila kg. di frutti assortiti fini, esportati per 3/5 in Sud America, Nord Europa e Svizzera.
13. Nell’archivio storico del comune di Genova ne è conservata l’ordinazione: “Frutti canditi, demisucres, bomboni eleganti e piccole bomboniere in metallo dorato con pastiglie”.
14. G. Carducci (a cura di), Scritti letterari e artistici di Alberto Mario, Ditta Nicola Zanichelli, Bologna 1901, pp. XCIX- CIII.
15. Ibidem, pp. CI-CIII.
16. J. White Mario, «L’America e l’Italia. Lettera 1ª» in Pensiero ed Azione, III, n. 28, 27 Gennaio 1860, pp. 363-365. La White lamentandosi che nessuno parla, o scrive, ch’io sappia, di Nicotera martire vivente, trascrive esattamente il testo del biglietto della lotteria ed aggiunge. Oh! Se potessi stringere la mano alla sua fidanzata che conta le ore sin che gl’Italiani colla loro virtù e col loro coraggio apriranno le porte del carcere sotterraneo di Lui, le direi «Coraggio sorella! Che l’onore di essere amata da quell’uomo vi rinfranchi nell’angoscia della separazione. Coraggio! La terra che può essere madre e nutrice di tali figli non deve rimanere lungamente schiava né lasciarvi più lungamente sola».
17. A. CICERI (a cura di), Ippolito Nievo. Lettere garibaldine, Giulio Enaudi Editore, Torino 1861, pp. 17-21.
18. N. ROSSELLI, Carlo Pisacane nel risorgimento italiano, C.M. Lerici, Milano 1958, pp. 328-329 e nota a pp. 393-394.
19. L’insurrezione siciliana e la spedizione di Garibaldi, Tipografia Fratelli Borroni, Milano 1860, p. 232.
20. CURATOLO, art cit., pp. 573-574.
21. 5ª brigata.

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