L'Avvocato ANTONIO CATALDI

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Comunità dei Padri MInimi di Sambiase

L’avvocato Antonio Cataldi nasce a Sambiase il 3 maggio del 1903 da Vittorio e da Eugenia Ludovico. Il padre, noto medico tanto che il Comune gli dedicherà una strada urbana nei pressi di “palazzo Cataldi”, lo avvia agli studi umanistici avendo intravisto in lui le doti che poi lo resero molto stimato ed amato.

Compiuti poi gli studi universitari conseguendo la laurea in giurisprudenza, si avvia alla carriera militare non tanto per sua libera scelta quanto per le esigenze di quei decenni: la Prima Guerra Mondiale del 15/18 finita solo quando egli era ancora in tenera età (15 anni) ma che gli lascia nella mente e nel cuore le sofferenze e la morte di tante persone; il tutto mentre sull’orizzonte si profila la Seconda Guerra Mondiale alla quale partecipa con grandi sofferenze sia per gli ancora caldi ricordi precedenti e sia per il fatto di dover lasciare il suo paese e la famiglia appena formata e sbocciata alla vita con i due figli avuti dalla sua adorata moglie, Filomena Maione: sono Vittorio e Giovanni, il primo Primario a Napoli ed allievo del noto zio paterno, il Prof. Giovanni Maria Cataldi; il secondo che è bancario, giornalista e poi Diacono. Tutti e due furono costretti a subire il duro campo di concentramento dopo aver perso la propria casa a seguito dell’infuriare dei combattimenti: si era a Perugia, dove Antonio stava prestando servizio militare.

Partecipa ai vari fronti; evita più volte- per miracolo- la prigionia e viene chiamato poi a far parte di una spedizione militare nei Balcani; ma qui si verifica un fatto incredibile, segno dato dal Signore che lo voleva ancora riservare alla vita ed alla testimonianza cristiana. La Compagnia della quale fa parte non ce la fa tutta a trovare posto sullo stesso aereo che precipita in pieno Mediterraneo: tutti morti e dispersi i suoi compagni.
Il ritorno nella sua Sambiase gli permette di riabbracciare i suoi cari, la sua gente; di ritrovare i suoi affetti, le tradizioni popolari alle quali si sente molto legato.
E’ Terziario Francescano dell’Ordine dei Minimi e diviene “Correttore”, un incarico come di guida, di coordinatore, di gioioso annunciatore del Vangelo. I Padri Minimi, avendo scoperto in lui una carica straordinaria accompagnata da una preparazione di grosso spessore, lo invitano in moltissime occasioni al commento del Vangelo: le sue riflessioni si fanno sempre profonde, meditate, a volte anche severe per difendere la fede da certi attacchi maldestri provenienti dagli ambienti esterni. Predica “ a ruota libera”, cioè senza fogli scritti prima; qua e là soltanto qualche appunto, qualche riferimento a brani specifici del Vangelo, alla vita ed alle opere di san Francesco di Paola, ai Padri della Chiesa. Quasi sempre intercala le suppliche personali alla Madonna, sua Compagna di ogni ora della giornata.
E’ particolarmente conosciuto il suo amore geloso, sviscerato verso la “sua gente”, principalmente verso i suoi collaboratori nel campo lavorativo: è Segretario Capo comunale; queste persone gli chiedevano le cose più svariate. Predilige i poveri che gli chiedevano, oltre alla elemosina, un suo consiglio sul da farsi ed anche un suo sorriso o una pacca di incoraggiamento sulle spalle. A tutti ripeteva instancabilmente di affidarsi al Signore, di aggrapparsi al saio del santo taumaturgo di Paola, al mantello della Madonna.
A tutti era nota la sua compartecipazione ai sacrifici della gente; ai suoi collaboratori comunali che percepivano con ritardo di due o tre mesi il loro stipendio mensile, dimostrava di voler stare dalla loro parte, lasciando intatto il suo presso la tesoreria della Prefettura, da cui dipendeva economicamente.
Amava molto i bambini poveri, specialmente coloro che nei giorni piovosi e freddi circolavano quasi a piedi nudi per le piazze o per le viuzze del paese; cercava di lenire queste loro sofferenze distribuendo loro quel che poteva: dei soldi, delle caramelle, qualche busta di biscotti che andava personalmente a comprare in un bar. Conosceva le loro misere abitazioni e spesso, volutamente, vi passava accanto per incontrare le povere loro mamme denutrite, mal vestite ed alle quali faceva arrivare tramite qualche suo familiare o conoscente delle buste contenenti genere alimentare ed indumenti. Personalmente le raccomandava a Cristo tramite l’intercessione di san Francesco di Paola, ripetendo una frase che diventa quasi come un refrain: “anche Gesù era come voi: semplice e povero. Ma ora vive nella gioia e nella potenza”.
E’ l’uomo della contemplazione e della preghiera. Divorava letture avendo sempre a portata di mano la Bibbia o la vita di san Francesco di Paola o altri libri con dei brani dei Padri della Chiesa. Si dice che spesso, specialmente durante la celebrazione della Santa Messa, sembrava assentarsi per volare con lo sguardo verso l’Alto; lo faceva spesso e forse nemmeno lui se ne accorgeva!
La preghiera era il suo rifugio quotidiano; pregava negli intervalli del lavoro; pregava a casa; pregava per le strade avendo sempre fra le mani la corona del Santo Rosario.
La sua caratteristica personale predominante era l’immersione nel silenzio che, se agganciato alle esigenze- da lui avvertite- della contemplazione e della preghiera, diventava nel dovuto sincronismo il “silenzio di Dio”. Fu anche quel silenzio che gli fece fedele compagnia nella sua lunga ed atroce sofferenza fisica vissuta principalmente nella preghiera silenziosa e continua, con quella corona del Santo Rosario che stringeva forte sempre fra le mani.
Accompagnato dai gesti teneri e dalla preghiera di sua moglie a lui accanto, muore il primo pomeriggio del 21 aprile del 1967.
Si dice anche che, al capezzale del suo letto dove aveva a lungo poggiato la sua testa schiacciato dalle sofferenze fisiche, comparve una chiara forma di croce. E’ certo, comunque, che la sua Anima è salita alla Casa del Padre accompagnata dalla preghiera che gli si era smorzata sulle labbra nell’ultimo istante della sua vita terrena.
Hanno detto di lui:
“Quella notte sognai l’immagine di san Antonio di Padova che, volando in cielo, scompariva dietro ad una nuvola. Quando mi svegliai raccontai il sogno ai miei, dicendo :“Io lo ricordo principalmente come un uomo quasi avulso dal contesto, però nel contesto stesso” (Dr. Ferdinando Tito Maria Vescio)
“Ho l’immagine, il ricordo di vederlo dietro quella finestra con la coroncina. Era il segno della preghiera. Queste persone sono immagini che restano. Davano il segno di essere cristiani veramente nel senso della preghiera, dell’umiltà, della penitenza. Vedere questa persona che pregava mi faceva pensare: “quando questo torna dall’ufficio, mangia, si mette alla finestra e prega. Sono degli esempi, delle testimonianze che oggi non ci sono”. (Geom. Gaspare Famularo)
“. . . la cosa che mi ha attratto di questo uomo era il modo di pregare. Tante volte entravo in chiesa e notavo due persone che spesso erano nello stesso banco: l’avv. Cataldi e un altro terziario, Bruno Tropea, che s’inginocchiavano e facevano scorrere i grani del rosario in un modo che non so dire. Quando dicevano l’Ave Maria non la dicevano ritmicamente come spesso accade. Proprio chiamavano la Madonna”. (Sig.ra Lina Mercuri Invernici)
“La figura dell’Avv. Antonio Cataldi necessita attenzione e stima degna a livello religioso e professionale”. (S.E. Mons. Vincenzo Rimedio, Vescovo)
“L’amore per Dio, per la famiglia, per la Patria, hanno fatto di Antonio Cataldi un modello di uomo completo, un esempio di vita alla quale tutti dobbiamo guardare, specialmente nell’ora presente.
Antonio Cataldi ha saputo sempre avere il senso squisito del dovere fino al sacrificio, della correttezza, della rettitudine, alle quali ha saputo sempre associare l’amore per il prossimo.
Ma perché tutto questo nella vita di Antonio Cataldi? Perché la sua vita era irradiata dalla Luce cristiana!”. (Avv. Giovanni Renda)
“E quella fede profonda e ardente che gli aveva dato la forza di resistere alle sofferenze di una lunga degenza, gli dettava poi il solenne impegno ad un apostolato d’amore e di servizio verso Dio e il prossimo. Noi oggi siamo certi di rendergli l’omaggio a lui più gradito accogliendo il suo messaggio d’amore”. (Prof. Urbano Caporale)

Da alcuni frammenti di suoi appunti:
“E’ la fede che muove i passi o li ferma, come il nostro Padre (san Francesco di Paola, n.d.r.) fermò il rotolante macigno, e solo e soltanto la fede, quindi, che può debellare l’imperante materialismo che fa tremare vene e polsi ad ogni essere umano che si sente dotato di anima, fede, affetto per la Famiglia e per il Prossimo”.
“Molte volte la fede è una comoda maschera per arrivare!”
“La gente che soffre è la piaga della società; ma è il bocciolo di una rosa profumata che presenta a Dio le sofferenze per il perdono dei nostri peccati: peccati di superficialità, di egoismo, di senso di superiorità e di attaccamento morboso al consumismo”.
“Quante persone umili, semplici ed anche bisognose ho incontrato nel Terz’Ordine, che è diventato la mia seconda casa. A loro voglio un infinito bene ed a loro dedico le mie lunghe giornate, per lo più segnate dalla mia sofferenza fisica e del mio tormento per non poter dedicare loro quel tempo e quelle risorse per come facesti tu, o mio caro san Francesco”.
“. . . oggi più che mai è la materia che domina lo spirito. . . l’umanità vive per l’interesse e . . . calpesta l’anima”.
“Come suon di campane che riecheggia a valle, alla mia anima torna l’ammonizione della Chiesa: ricordati, o uomo, che sei polvere e polvere dovrai tornare”.


Articolo tratto dal sito: http://www.calabriaecclesia2000.it/cgi-bin/magazine

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