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DIALETTO E TERRITORIO LO " IOTA " DEI POETI
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di Francesco Gaspare La Scala ( addì 14 marzo 2017)
Sollevare lo sguardo e trovarsi come in una antica cattedrale diroccata, la volta da tempo crollata che fa ormai da schermo per i film proiettati dal cielo, una navata sterminata con un abside remoto ed un transetto familiare dove da bambini inventavamo giuochi sontuosi tra l' Orto di Renda ed il Cantagalli. I balconi, che si sporgono ciechi e vuoti come austeri matronei romanici, sembrano voler sbriciolare i possenti muri ancora impiedi. I muschi ricamati da bave di lumache continuano a raccontare storie di notti insonni e di ombre di uomini inghiottiti nelle stive dei bastimenti a vapore.
In questa cattedrale che è poi la Miraglia, amato rione storico di Sambiase, mi ero soffermato una mattina dei miei rari ritorni e, nella mia assorta meditazione, mi era apparsa, non so perché, come la vera Wunderkammer ( Stanza delle meraviglie) della mia vita. Sentivo nettamente che la Miraglia era uno scrigno parlante e voleva dirmi qualcosa di molto confidenziale: mi giungevano suoni purificati da pause arcaiche che però non riuscivo a decifrare e immagini vaghe dai contorni sfumati di scene antichissime. Mi era rimasta una angosciante sensazione di messaggi preziosi e misteriosi che dovevano essere letti in qualche modo. Andato via, fui assalito da uno sciame di pensieri assillanti. Gli " argumenta ex silentio" esibiti dalla Miraglia mi avevano creato un tale disagio al punto da desiderarne, con rammarico, la rimozione.
Ero quasi riuscito a placarmi quando, rileggendo alcune belle poesie in vernacolo scritte da cari amici, mi si è improvvisamente acceso un lume.
I loro versi mi hanno trasmesso in un attimo la natura essenziale dell' intima connessione tra territorio, luoghi e dialetto. La parlata locale nasce e si radica su un territorio attraverso millenni e quel luogo e quel dialetto formano una unità esistenziale inestricabile. Così come la tragedia greca non può essere pensata se non in versi, non può essere concepito un luogo vivibile senza il suo idioma. Il verso per la tragedia rappresenta il linguaggio che affranca dalla prosaicità e che rende intuibili i misteri della vita , della morte e del fato. Così lo scenario, il territorio rivendica la sua voce peculiare , il dialetto. E lo costruisce in tutti i suoi dettagli per far comprendere con la massima chiarezza il senso delle domande fondamentali sull'esistenza e sul destino che si pongono gli uomini che vi vivono. Il territorio e l'uomo sono nature che emanano poesia che può condensarsi solo in un dire e parlare particolare e mai in linguaggi di omologazione e formalizzati. Ho scoperto così che esistono strategie dei linguaggi locali che mirano al radicamento nei luoghi per imperscrutabili fini filosofici e poetici.
Ne cito soltanto una. Nel nostro dialetto si sente spesso ripetere termini come
"parravadi, fhaciadi, caminadi, portadi" molto comuni e familiari e quel "di" finale è molto comodo spiegarlo come riempitivo di abbellimento (efelcistico dal greco έφελκυστικόν - aggiunto). Molto verosimilmente, invece, in quel "di" è efelcistica soltanto la "d" ( antico delta) mentre quella che sembra una insignificante "i" è uno "iota" con valore deittico ( dal verbo greco " δείκνυμι - deiknumi" che significa mostrare , indicare) che anticamente era posto dai greci in fine di parola a rafforzare il significato della vicinanza spaziale e temporale ( qui, in questo luogo, adesso, ora). È questo iota minuscolo e nascosto ( scomparso già in Grecia in epoca arcaica ma conservatosi da noi ) che ci svela senza ulteriore bisogno di commenti che il dialetto vuole rimanere nel territorio, assorbirne la linfa e generare con esso poesia. La Miraglia e Sambiase hanno detto qualcosa di estremamente importante e sappiate che non saranno mai mute finché i veri poeti continueranno a cantare nella nostra lingua.