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Giovanni Nicotera: uomo politico

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di E.Borrello (*)

Giovanni Nicotera, fiero e fervido repubblicano, fino a quando non si accorse anche lui che all'unità della Patria, alla fusione degli animi, alla concordia di tutto il popolo italiano, tenuto nemico e diviso da mille violenze esterne e interne, era necessaria la monarchia sabauda, che tutto raccoglieva e cementava sotto un solo vessillo, divenne monarchico convinto e godette la personale simpatia di Vittorio Emanuele II.

Eletto Deputato nel Collegio di Salerno, entrò nel primo Parlamento italiano nel 1861 e fu attivo, focoso e battagliero oratore, specie sulle questioni del brigantaggio, sulla questione romana e delle Università. Sedette sempre a sinistra e si oppose ad ogni restrizione di libertà e dei diritti dei cittadini e «quasi sempre vinse le battaglie della tribuna»(1), tanto che il De Zerbi scrisse di lui: «Ha la parola insinuante che ricerca la corda sensibile di colui al quale si rivolge e la tocca; ha grande falcoltà persuasiva; discorso aperto, sentito, diffuso, continuo».
Seppe in breve, Nicotera, divenire il capo della Sinistra, e poiché godeva le simpatie della Camera e di Re Vittorio, si dette a tutt'uomo a preparare l'avvento del suo partito al potere, non per basse ambizioni di parte, ma perché aveva scritto sulla bandiera sua riforme importantissime. Lo stesso Re si compiaceva della fierezza del deputato di Salerno e si racconta che un giorno, in un ballo al Quirinale, al quale partecipavano Ministri Ambasciatori e Diplomatici, Re Vittorio gli si avvicinò e, battendogli familiarmente una mano sulla spalla, gli disse: «Eh, Nicotera, qui ci riesci a far ballare i miei Ministri, ma alla Camera no!». - Chi lo sa, Sire! - rispose con intezione Nicotera.
Dopo due mesi il Ministero Minghetti andava a gambe in aria e Nicotera, rivedendo il Re, gli disse: - Sire, vedete che so far ballare anche in Parlamento.
Avvenuta anche per opera sua la rivoluzione parlamentare del 1876, che costituì la fine di un periodo ed il principio di un altro nella vita politica italiana, Nicotera ebbe il portafoglio del¬l'Interno nel gabinetto Nicotera-Depretis, di cui fu l'anima. In tale ufficio mosse aspra guerra alla Camorra napoletana, distrusse, o quasi, la mafia siciliana, proibì nuove monacazioni, in omaggio a più sani principi sociali e morali e ne ebbe i più vili attacchi dalla parte avversa, specie dai clericali. In tale occasione Garibaldi gli fece pervenire la seguente lettera: «Mio caro Nicotera, l'infame calunnia dei moderati ha aggiunto nuovo e immortale splendore all'aureola gloriosa che vi meritarono il vostro coraggio, patriottismo e sublime sacrifizio; vi invio una delle medaglie che il Borbone di Napoli destinava ai vostri assassini, e sono per la vita vostro Giuseppe Garibaldi».
Chi conobbe intimamente Giovanni Nicotera non potè non amarlo, per la sua grandezza d'animo che gli faceva affrontare impavido le più rischiose avventure e lo faceva commuovere alle disgrazie altrui. Si racconta che un giorno, quando era Ministro, gli si presentò un deputato amico a pregarlo di venirgli in aiuto, perchè gravi impegni pecuniari lo, mettevano in crudelissimo imbarazzo. Il Ministro non aveva un soldo disponibile dei fondi segreti, ma, essendo al 27 del mese, c'era sul suo tavolo una busta chiusa col suo stipendio di lire 1600. Giovanni Nicotera, senza esitare, la prese e la consegnò all'amico. Il quale, due giorni dopo, in un voto di fiducia, gli... votava contro!
Un'altra volta, si era nel 1882, in una certa adunanza a Monteleone Calabro, un giovane studente gli rimproverava d'aver mutato bandiera, ed egli pacatamente: «Era bello professare idee repubblicane, quando ciò costava la vita, e la mannaia era premio ai liberi, mentre ora non c'è giovane che non si dica repubblicano a 20 anni, per essere poi uno stipendiato o... uno spostato a 40!».
Mazzini aveva somma fiducia in Giovanni Nicotera, che soleva chiamare il suo leoncino e, quando questi s'allontanò dall'antica fede repubblicana, per profonda convinzione che l'unità d'Italia non sarebbe stata possibile se non con la monarchia, ebbe a dire che il vuoto di Nicotera intorno a lui e alle sue idee era quello che più lo aveva colpito.
Temperamento irruente, insofferente di ostacoli, Giovanni Nicotera, Ministro, si creò molti nemici, i quali cercarono uno sfogo alle loro idee, pubblicando calunniosi libelli contro di lui nella allora fiorente «Gazzetta d'Italia» che si stampava a Firenze. ,
Nicotera intentò al giornale un processo, dimostrò false tutte le accuse (di avere tradito i compagni della Spedizione di Sapri) e la sua figura di patriota e di galantuomo ne uscì ancor più brillante. Ma i suoi nemici non disarmarono: un banale, ridicolo pretesto dette loro la possibilità di eliminare Nicotera dal Ministero. E il pretesto fu la famosa «gamba di Vladimiro».
Una famiglia russa, domiciliata a Roma, riceveva un tele-gramma da Pietroburgo: «Gamba Vladimiro peggiora». Il telegramma passò a.Palazzo Braschi e fu male interpretato. L'indomani, nel «Bersagliere», organo personale di Giovanni Nicotera, apparve questa notizia: «Il Granduca Vladimiro si è rotta una gamba».
Era la violazione d'un segreto telegrafico. Giovanni Nicotera si dimise.
Era stato, nella sua breve vita di Ministro, troppo rigido, troppo energico, perché non fosse temuto e, quindi, non si procacciasse numerosi nemici.
Prima di venir meno agli obblighi professionali, i funzionari, ai quali era nota la rapidità fulminea delle destituzioni da parte del Ministro, ci pensavano due volte. E ci piace qui riportare quanto scrive di lui Salvatore Barzilai(2): «Basso, tarchiato, la barba piena, irta e ormai biancheggiante, Nicotera era una figura simpaticissima. Bastava parlare una volta con lui, per convincersi che era un uomo di governo, un ministro di polizia di prim'ordine, se non un uomo di Stato completo. Egli non dimenticava le sue tradizioni garibaldine; però da Ministro dell'Interno, non avrebbe esitato a far quello che facevano altri dopo Aspromonte: «ad arrestare Garibaldi. Ad arrestarlo,lo sempre».
Abbandonato il Ministero, fu quasi sempre all'opposizione e passò per candidato della Sinistra al Ministero dell'Interno, quando essa avrebbe ripreso di fatto, oltre che di nome, il potere.
La guerra fattagli dal Lovito, segretario generale di Depretis, a Salerno, provocò un famoso incidente nei corridoi di Montecitorio, e il relativo duello fra i due uomini politici. Duello che al Lovito costò la carica, e fu per il Nicotera una soddisfazione.
Dall'80 in poi, e specialmente dopo l'83, Nicotera fu alla Camera l'anima della opposizione: la famosa pentarchia, con Nicotera, Crispi, Cairoli, Zanardelli e Baccarini. Nessuno più esperto di lui nella scherma parlamentare, pronto all'attacco, preparato a tutte le sorprese, maestro nel prepararle ad altri, professore in materie di giurisprudenza parlamentare.
Quattordici anni dopo, 1891, Nicotera tornò al Ministero degl'Interni nel Gabinetto Di Rudinì e vi rimase fino al maggio 1892.
Il 13 giugno 1894 moriva a Vico Equense e veniva seppellito Napoli.
Sambiase, i cui amministratori del tempo nulla seppero o vollero chiedere a Nicotera, Ministro, perdendosi invece in meschine richieste di... onorificenze, innalzò un monumento al suo illustre Figlio, in piazza Vittorio Emanuele. Sui quattro lati del piedistallo, è compendiata in magnifica sintesi tutta la vita del grande Italiano:

Calabria, Roma, Sapri,
Aspromonte, Tirolo, Mentana,
Il suo nome con orgoglio ricordano.
Di Carlo Pisacane compagno
All'eccidio provvidenzialmente
Scampò di Sanza
E continuò l'opera redentrice d'Italia.
Nelle battaglie patrie strenuo soldato
Del popolo amico e moderatore, ne propugnò
I diritti in tutte le Legislature.
Ministro dell'Interno, ridonò al Paese
Tranquillità e sicurezza
Alla Dinistia Sabauda
Più vivo l'affetto del popolo
Per provvide leggi.
In tanta gloria gl'invidi dispregiò
Con alterezza Calabra.


Note:
(1) RINONAPOLI: Giovanni Nicotera, Napoli, 1895.
(2) BARZILAI: Luci ed ombre del passato. Treves,, Milano,pp.248-49.

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(*) da Sambiase, cap.II, pagg.277/282, Temesa editrice 1988.