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Pagine di storia: il Ministro Giovanni Nicotera

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di Donato D’URSO

Quando nel marzo 1876 s'insediò il primo governo della Sinistra storica, il nuovo ministro dell'Interno Giovanni Nicotera pensò subito ad una epurazione tra le file dei prefetti. Nicotera era nato a Sambiase, ora Lamezia Terme, nel 1828 e millantava il titolo di barone(1)

Mazziniano ed esule a vent'anni per motivi politici, combatté in difesa della Repubblica Romana, partecipò con Pisacane alla sfortunata spedizione di Sapri, subendo una condanna a morte poi tramutata nel carcere a vita. Liberato al tempo dell'impresa dei Mille, fu con Garibaldi nei tentativi del 1862 e del 1867 ad Aspromonte e Mentana. Deputato del collegio di Salerno per oltre un trentennio ininterrottamente,(2) fu due volte ministro dell'Interno negli anni 1876-7 e 1891.


Giolitti lo ricordò così: "Era dotato di ingegno naturale; aveva molta energia; era pieno di coraggio. Ma era pure violento e impulsivo; mancava di cultura; non conosceva la legislazione né aveva pratica di congegni amministrativi dello Stato. Egli era rimasto per me un esempio che le qualità naturali non sono sufficienti a creare l'uomo politico, se non sono disciplinate."(3)
Leopoldo Cassese ha scritto: "Di Nicotera era famosa la pittoresca ignoranza e l'irruente volgarità: a stento lo giustificò nei suoi ricordi Ferdinando Martini coll'ammettere che una generazione di patrioti non avesse avuto tempo di star china sui libri."(4) Da ministro pare che Nicotera tentasse un giorno di defenestrare fisicamente il collega Zanardelli.(5) In un'altra occasione, sarebbe stato mandante di un furto in casa di un avversario politico al fine di sottrarre documenti (insomma un Watergate italiano...).(6) Nota poi è la vicenda, avvenuta a Montecitorio, dello sputo in viso all'on. Lovito e del drammatico duello che ne seguì.(7)
Luigi Zini, scrittore e prefetto (allora le due qualità si conciliavano bene, come racconterò in un prossimo studio), seppure in uno stile "pretenzioso e antiquato"(8) seppe ben descrivere quell'originale ministro dell'Interno: "Digiuno totalmente di ogni studio (lo confessava) e di cultura men che volgare, profano alla tecnica ed alla speculativa - non parliamo di scienze del Diritto - egli tutto e solo uomo politico, diceva, non saprebbe assumersi che governo delle Provincie, dei Comuni, delle Opere Pie, della Sanità pubblica in arroto, e principalmente della Polizia - desideratissima (et pour cause): insomma quella parte del reggimento, alla quale bastasse (in suo credere) la vivacità dell'ingegno e la forte volontà!"(9)
Il ministro "sprezzante di garanzie statutarie, incline alla giustizia sommaria e alla persecuzione preventiva, usò mezzi che gli valsero, oltre all'odio dei colpiti, anche la riprovazione degli stessi moderati."(10) Nicotera "combattè" la mafia in Sicilia e la camorra a Napoli con furore, usando e abusando d'ogni mezzo".(11) Come avvenne poi all'epoca del fascismo, si reprimeva ogni potere alternativo, legale o criminale che fosse. Quando gli autori di un sequestro di persona furono scoperti per un'intuizione del ministro, così gli telegrafò il prefetto di Palermo: "Vostra Eccellenza ha corrispondenza con il diavolo".(12)
In uomini che venivano, come Nicotera, dall'esperienzza delle cospirazioni e del carcere, non mancava una tendenza morale, direi viscerale all'intrigo, col ricorso anche a metodi visti usare dalle polizie dei vecchi regimi: quella era stata una triste scuola, ma pur sempre una scuola. Le stesse considerazioni valgono per Silvio Spaventa (Segretario generale del ministero dell'Interno negli anni 1862-4)(13) e per Francesco Crispi. E fu proprio l'abuso dei suoi poteri a provocare la caduta di Nicotera, nel dicembre 1877: "Un principe russo di stanza a Roma aveva ricevuto dal suo Paese un telegramma in cui un tal Alessandro gli comunicava che il figlio Vladimiro era stato ferito a una gamba. Nicotera aveva creduto che il mittente fosse lo zar Alessandro che dava notizia di un attentato contro il figlio Vladimiro e, prima che al destinatario, la fece comunicare ai giornali che la pubblicarono con grandissimo rilievo. Essa fu subito smentita, ma confermò quello che già si sapeva: e cioè che il Ministro degl'Interni violava sistematicamente il segreto telegrafico. L'indignazione fu tale e - quel che è peggio - condita di tali risate e corbellature che Nicotera dovette andarsene."(14)
Nel marzo 1876 il ministro aveva scelto come Segretario generale Pietro Lacava (1835-1912),(15) patriota lucano, chiamato "il lupo di Corleto" perché nato a Corleto Perticara.(16) Lacava era entrato nell'amministrazione dell'Interno dopo il crollo dei Borboni; a trentadue anni era già questore di Napoli e, al tempo della spedizione garibaldina nel Lazio, arruolò volontari d'intesa col prefetto Durando "fornendo loro le armi delle guardie di pubblica sicurezza".(17)
Corse per questo il rischio di essere processato, quando il tentativo di invasione finì in un disastro. Rassegnate le dimissioni, si dedicò alla vita politica e fu, per 44 anni, deputato. Era massone, come il ministro.
Nel 1867, come ho già detto, anche Nicotera si era compromesso, tanto che il ministro dell'Interno Gualterio così telegrafò a Guerra,(18) prefetto di Salerno: "Raccolga subito e con segretezza documenti diretti provare azione Nicotera (...) Qualsiasi atto faccia, diretto turbare pubblica sicurezza, lo arresti subito".(19) Ma torniamo al 1876.
Il Gabinetto di Nicotera fu descritto come "officina d'intrighi, banco di favori, seminario di favoriti: onde poi uscirono di strani trabalzamenti e scavalcamenti con frequentissima conculcazione delle norme stabilite, e le conseguenti soperchierie, ingiustizie, soprammani, spostature, quasi sempre a danno delli discreti, modesti e benemeriti."(20) E mentre gli amici fidati del ministro troneggiavano nelle anticamere di palazzo Braschi, con sulla bocca il nome magico e familiare - "Giovannino" - si provvide all'epurazione dei prefetti, grazie anche all'ausilio di due alti funzionari di carriera "inquisitori dei colleghi", riuniti in quella che Zini sarcasticamente chiamò "camera ardente".(21)
Nei venti mesi che durò Nicotera, solo 4 provincie del Regno su 69 conservarono il prefetto, in 35 mutò due volte ed in una addirittura quattro volte. Nel solo primo mese, con una terapia d'urto, il ministro sostituì i titolari di ben 44 sedi, nessuna esclusa delle maggiori. Nove prefetti vennero dispensati dal servizio, altri collocati in aspettativa. Alcuni si dimisero volontariamente (Mordini a Napoli e Capitelli a Bologna),(22) Gerra lasciò Palermo e tornò al Consiglio di Stato.
Qui voglio ricordare, sulla base di documenti inediti, le vicende del prefetto di Torino senatore Vittorio Zoppi.
Nato a Cassine, apparteneva ad una delle più antiche famiglie contado di Alessandria. Nel 1841 intraprese, dopo la laurea, la carriera amministrativa come volontario nell'Amministrazione Provinciale dell'Interno. Prestò servizio a Mortara, Annecy, Novara, Alessandria. Nel novembre 1848 venne promosso, non ancora trentenne, Intendente di 2ª classe e destinato ad Alghero. Da lì passò a Bonneville e poi a Mondovì. Nel 1858 era Capo divisione al Ministero, l'anno dopo Intendente generale a Bergamo, appena liberata dagli austriaci.(23) Poi fu Vice-governatore a Pavia e a Milano. Rivestì la carica di prefetto a Salerno,(24) Messina, Brescia, Novara e, infine, Torino dal giugno 1871 all'aprile 1876. Alla matura età di 42 anni sposò la sedicenne Maria Roissard de Bellet di famiglia nizzarda (il padre fu Comandante generale dei Carabinieri).
Il governo Minghetti cadde alla Camera il 18 marzo 1876, la "data della catastrofe" della Destra storica, secondo le parole di Benedetto Croce. Zoppi scrisse al ministro conte Cantelli:
"Da alcun tempo la mia salute si è assai affievolita. Continui assalti nervosi mi molestano e mi convinco ogni giorno maggiormente che le forze mie non sono più in relazione con le crescenti esigenze del servizio, e con il peso della amministrazione di questa vasta ed importante Provincia. I medici mi consigliano a rientrare nella vita privata, unico mezzo per impedire che i mali che mi molestano non divengano incurabili; e se i 35 anni di carriera non interrotta mai, che già conto, non bastano per vendicare un diritto al riposo giusta la legge, possono valermi qualche riguardo, come degni sono di benevola considerazione i servizi non pochi che credo di aver reso al Re ed alla Patria. Io sarei pertanto oltremodo riconoscente alla E.V. se volesse promuovere dall'Augusto Sovrano il mio collocamento a riposo".
Questa lettera, sebbene recasse la data del 12 marzo, fu probabilmente inoltrata dopo la caduta del governo Minghetti, come può dedursi dal carteggio successivo. In data 25 marzo, prima di passare le consegne al successore, il ministro Cantelli rispose a Zoppi in questi termini:
"È per me spiacevole di non poter corrispondere al desiderio manifestato dalla S.V. Ill.ma col proporre a S.M. il di lei collocamento a riposo, mentre essendo imminente l'ingresso in funzioni del nuovo Ministero, anche per parere dei miei colleghi, è più conveniente che quel provvedimento sia da esso provocato."
Federico Spantigati, deputato alessandrino che fu anche vice-presidente della Camera, indirizzò al prefetto una amichevole lettera:
"Tu dovresti ancora restare al servizio del paese. Comprendo che l'animo tuo retto ed onesto debba essere fastidiato dalle disavventure che ti sono toccate di avere prima un ladro in Prefettura poi qualcosa di peggio in questura.(25) Ma queste disavventure non ti possono essere volte a colpa né possono cancellare le memorie degli onesti e onorati lunghi servizi che hai prestato al paese (...)
Sarei lieto di potere avere occasione di mostrarti tutta la schiettezza della mia amicizia per fare o tentare in tuo riguardo ogni cosa che fosse da te desiderata. Ciò tanto più volentieri farei perché so che il Lacava il quale è preconizzato Segretario Gen.le dell'Interno vede con simpatia il tuo nome (...). Se una lettera tua al ministro gli spiegasse che la domanda tua del riposo non nasce da considerazioni politiche (...) ti ripeto che sarei fortunatissimo se avessi in questo modo dischiusa la via di reclamare che non si lasci uscire di servizio che può ancora come te operare utilmente ed efficacemente in servizio del paese".
Dalla risposta del prefetto Zoppi comprendiamo le vere ragioni della decisione di chiudere la carriera, ragioni che non erano soltanto di salute.
"Se tu fosti addolorato della risoluzione che ho presa, pensa quanto dovei esserlo io nel momento in cui diedi corso alla mia domanda perché malgrado i dispiaceri, malgrado le disavventure, io sono ancora per la carriera che percorro da 35 anni come un innamorato alla vigilia delle sue nozze. Ma che vuoi! Due motivi mi consigliano di fare ciò che ho fatto: anzitutto il bisogno di riposo perché mi sento proprio stanco; in secondo luogo perché mi parve doveroso di mettere il nuovo ministero in grado di collocare a Torino un uomo che potesse avere la piena sua fiducia. Torino è una grande città, ed ha una speciale importanza ed io non potevo confonderla con Novara, Belluno, Porto Maurizio etc. Ti prego di credere che non fui punto mosso da considerazioni di partito; io ho sempre procurato di fare il mio dovere, di non fare mai dello zelo eccessivo (...) quindi nissun motivo veramente politico poteva determinarmi a questo passo. E quantunque fosse da desiderare che il nuovo ministero venisse composto a base più larga, come tu dici, tuttavia io trovo bene che la Sinistra pura assuma il potere e se potrà tradurre in atti i miglioramenti che vagheggia sarò io fra i primi ad applaudirla di cuore. Forse assumendo il potere la Sinistra potrà affrettare il giorno in cui la divisione dei partiti alla Camera si farà più spiccata e grande vantaggio ne trarrà il paese. In quanto a scrivere al Ministro io sono dolente di non poter aderire al tuo consiglio perché forse vi si potrebbe dare una interpretazione ben diversa dai miei intendimenti (...) Però se il nuovo Ministro avesse dei dubbi ad accogliere la mia domanda, e desiderasse che io rimanessi, io nella mia riconoscenza prima di dargli una risposta, proverei il bisogno di venire a Roma e di aprirgli lealmente l'animo mio da gentiluomo a gentiluomo."
Apro qui una parentesi. Si narra che, prima che avvenisse il passaggio di consegne tra Cantelli e Nicotera, dai comignoli di Palazzo Braschi si alzasse a lungo il fumo di carte bruciate. "Quella fu la prima volta in cui fu usato l'inceneritore del ministero dell'Interno."(26)
Durante i governi della Destra, Nicotera era sempre stato oggetto delle "attenzioni" dei prefetti, come dimostrano i seguenti documenti inediti. Il primo, risalente all'ottobre 1875, è il rapporto di un anonimo informatore di Zoppi, il quale ne riferì a Cantelli:
"Nicotera è oggidì a Torino. Sovente frequenta il sig. c.re Aghemo(27) e conferì più volte con S.M. che nel mentre lo accoglie di buon grado pare non desideri guari che combini egli un nuovo ministero alla cui presidenza starebbe Depretis. Furonvi cinque radunanze di cui due da Villa(28) e due da Spantigati. È fermo e deliberato proposito di alcuni deputati piemontesi che hanno sede e fanno convegno in Torino di influenzare i colleghi all'apertura del Parlamento onde venga sostituito altro Gabinetto all'attuale (...)"
Il secondo rapporto, a firma dello stesso Zoppi, è del 12 novembre 1875, destinatario il ministro Cantelli:
"Il deputato Nicotera trovasi a Torino da avantieri sera ed ha frequenti conferenze con altri suoi colleghi e particolarmente coll'onorevole Spantigati.
Quando fu qui in sul finire dello scorso mese, vide più volte il Comm.re Aghemo e mi si assicura che fu pure ricevuto da S.M. Ho speranza di avere qualche informazione sulle cose che formarono oggetto dell'udienza Reale; ma l'argomento è così delicato che converrà agire con molta circospezione. Nella giornata di ieri l'on. Nicotera non andò a Palazzo; se v'andrà oggi spero di saperlo, come saprò se vedrà il Comm.re Aghemo, col quale devo avere io una conferenza questa sera (...) Io metto ogni impegno per scoprir terreno; e V.E. può essere certa che mi farò un dovere di riferirle ogni cosa."

Si può, dunque, ben comprendere quanto fosse divenuta delicata e, forse, insostenibile la posizione del prefetto Zoppi, una volta salito al potere proprio Nicotera. Questi, tra l'altro, non mancò di denunziare che precedenti ministri avevano fatto raccogliere su esponenti politici avversari, lui compreso, notizie riservate. Ebbe vasta eco la polemica sul cosiddetto "libro nero" e cioè sui dossiers formati al ministero dell'Interno.
Torniamo alle vicende personali del prefetto di Torino. La famiglia di origine attendeva ansiosa di conoscere le sue decisioni e il suo destino. Non era cosa indolore lasciare il servizio a cinquantasette anni, con cinque figli in tenera età e una moglie trentunenne. Il fratello Ottavio, canonico, gli scrisse: "Tu farai quello che la tua coscienza ti suggerirà. I nostri vecchi sono anch'essi d'avviso di lasciarti libero nell'azione." A Roma l'altro fratello Enrico, alto ufficiale, aveva incontrato il Segretario generale Lacava e credeva che vi fosse ancora spazio per un "salvataggio" dei prefetti di carriera. Il 9 aprile il senatore-prefetto Zoppi scrisse al ministro Nicotera. Ribadito che la domanda presentata aveva a fondamento motivi di salute, aggiungeva:
"Sarei dolente se per avventura si potesse credere che fui mosso da politiche considerazioni (...) io ho sempre creduto che gli onorevoli personaggi che si succedono nel Governo, avendo la fiducia del Re e quella del Parlamento, con un solo intendimento assumeranno l'alto ufficio di Consiglieri della Corona quello cioè del bene del Re e della Patria (...) Quando si ha l'onore di reggere una vasta ed importante Prov. come questa di Torino e di presiedere alla amm.ne di una città così cospicua e che tanta parte ha nella vita politica del paese, egli è d'uopo che il Governo sia lasciato perfettamente libero e fatto scevro da ogni altra considerazione per avere a rappresentarlo quel personaggio che crederà più degno della sua fiducia."
Nicotera non poteva certamente avere simpatia per Zoppi e si affrettò a comunicargli il 20 aprile: "Partecipo alla S.V. Ill.ma che S.M. in udienza di ieri ha firmato il decreto con cui Ella è stata collocata a riposo a partire dal 1° Maggio (...) Nel comunicarle questo Sovrano provvedimento col quale assecondando un desiderio manifestato dalla S.V. Ill.ma viene chiusa una lunga e onorata carriera, io sento il debito di testimoniarle la soddisfazione del Governo per i suoi servizi e di esternarle i sentimenti della mia particolare stima."
Nella risposta del 24 aprile il prefetto Zoppi, dopo i ringraziamenti di rito, scrisse: "Se V.E. me lo consentisse vorrei pregarla di far correggere l'annunzio dato dalla Gazzetta Uff.le del mio collocamento a riposo, nel senso che appaia che fu in seguito a mia domanda." Ma non era ancora finita. Possiamo immaginare le reazioni del prefetto quando lesse il testo del decreto reale del 19 aprile : "Dispensato dal servizio". Dopo più di un mese riuscì ad ottenerne un altro che, revocando il primo, decretava: "Collocato a riposo per motivi di salute in seguito a sua domanda ed ammesso a far valere i suoi titoli pel conseguimento della pensione". A Torino lo sostituì l'ex-deputato Angelo Bargoni, che l'anno dopo fu ministro del Tesoro.
Il senatore Zoppi non si ritirò a vivere in campagna. Fu a lungo amministratore del comune di Alessandria, anche come f.f. di Sindaco. Ricoprì anche le cariche di Consigliere Provinciale, Presidente della Cassa di Risparmio e Presidente della importante Congregazione di Carità. Superando brillantemente i problemi di salute, visse sino a 89 anni, morendo nel 1907.(29)

 


NOTE
1. Cfr. bibliografia in A. MOSCATI, I Ministri del Regno d'Italia, vol.4°, Salerno 1964; J. WHITE MARIO, In memoria di Giovanni Nicotera, Firenze 1894.
2. Cfr. L. ROSSI, Una provincia meridionale nell'età liberale, Salerno 1986, ad vocem.
3. G. GIOLITTI, Memorie della mia vita, Milano 1922, vol.1°, p.51.
4. L. CASSESE, Scritti di storia meridionale, Salerno 1979, p.282.
5. A.G. CASANOVA, Storia popolare dell'Italia contemporanea, Bologna 1966, p.139.
6. L. CASSESE, op.cit., pp.285-6.
7. D. D'URSO, I Segretari generali del Ministero dell'Interno, Alessandria 1997, pp.131-2.
8. T. SARTI, Il parlamento subalpino e nazionale, Terni 1890, p.972.
9. L. ZINI, Dei criteri e dei modi di governo della Sinistra nel Regno d'Italia, Bologna 1880, p.27.
10. R. ROMANELLI, L'Italia liberale, Bologna 1979, p.213.
11. A. GORI, Il Regno d'Italia, Milano 1904, p.557.
12. D. GALATI, Gli uomini del mio tempo, Bologna 1879, p.114.
13. Cfr. D. D'URSO, op.cit., pp.113-8.
14. I. MONTANELLI, L'Italia dei notabili, Milano 1974, pp.184-5.
15. Cfr. D. D'URSO, op.cit., pp.39-8.
16. Enciclopedia biografica e bibliografica italiana, serie XLIII, vol.2°, Milano 1940, p.86.
17. S. CILIBRIZZI, Storia parlamentare politica e diplomatica d'Italia, Roma 1925-1952, vol.2°, p.86.
18. Cfr. D. D'URSO, op.cit., pp.99-106.
19. A. CAPONE, L'opposizione meridionale nell'età della Destra, Roma 1970, ad vocem.
20. L. ZINI, op.cit., p.38.
21. L. ZINI, op.cit., p.33.
22. Su Antonio Mordini v. A.A. MOLA, Antonio Mordini, garibaldino e prefetto anticamorra, in "Camicia Rossa" n.3/1996. Su Gugliemo Capitelli v. D. D'URSO, Prefetti di altri tempi, Alessandria 1990.
23. Cfr. G. ZOPPI, L'Intendente generale di Bergamo conte Vittorio Zoppi e il vescovo austriacante, in "Rivista di Storia Arte e Archeologia", 1942, pp.209-13.
24. Cfr. A. LUZIO, Aspromonte e Mentana, Firenze 1935, pp.191 e 193.
25. Fatti gravi di malversazioni ed abusi erano avvenuti a Torino. Un clamoroso processo portò a numerose condanne, tra cui quella a otto anni di reclusione per l'ex-questore Bignami.
26. A. PALOSCIA, I segreti del Viminale, Roma 1989, p.26. Quest'opera, per molti versi pregevole, contiene, però, non pochi errori.
27. Natale Aghemo, parente di Rosa Vercellana, era segretario particolare del Re.
28. Tommaso Villa fu ministro dell'Interno nel 2° governo Cairoli, avendo come Segretario generale Teodorico Bonacci. Emanò la seguente direttiva per combattere le raccomandazioni: "Quest'uso perniciosissimo che, scuotendo gravemente il principio della gerarchia e della disciplina, tende a sostituire una indebita inframmettenza di estranei all'azione legittima del Governo, sebbene questo nei suoi provvedimenti ponga ogni cura per conciliare gl'interessi particolari colle esigenze del pubblico servizio, non può essere assolutamente più oltre tollerato ed io sono deciso di adottare d'ora in poi energiche misure per abbattere una consuetudine tanto deplorevole e tanto dannosa al regolare andamento della Amministrazione (...) Ogni qual volta giungeranno al Ministero raccomandazioni d'impiegati fatte sotto qualsiasi forma da persone estranee all'amministrazione pubblica, ne sarà presa nota di demerito nella rispettiva matricola e, secondo i casi, saranno applicate anche più severe misure disciplinari". (Archivio di Stato di Alessandria, fondo Gabinetto Prefettura, b.63 fasc.8).
29. Su Vittorio Zoppi v. Archivio di Stato di Alessandria, fondo ASCAL serie 3a, b.3700, fondo Gabinetto Prefettura, b.83; necrologio in "Rivista di Storia Arte e Archeologia", 1907, p.5.