Fatti e personaggi del '900

I primi sambiasini emigrati in Australia

Melborne anni '60 - I sambiasini Salvatore Muraca (primo a dx) e Giovanbattista Guerresi (seduto sulla vespa)

Emigrati italiani, portatori di antica civiltà

Introduzione a cura di Giuseppe Ruberto - webmaster del sito

Nel 1996 Papaellinas ha pubblicato un’antologia in cui ventisei autori discutono il concetto di homeland, di «madrepatria». L’Australia è un paese di immigrati e per questa ragione Papaellinas afferma che «Homeland is no one place as much as it is knowing one’s place…».

Invece di knowing one’s place, il concetto di madrepatria è più una questione di negotiating one’s place: si tratta, cioè, di «saper gestire» il proprio Paese piuttosto che di «sapere» quale sia.
Se questa teoria dovesse essere attendibile, per i nostri emigrati quel pellegrinare verso il paese natio non avrebbe motivo di esistere.Il risultato degli studi effettuati sullo sviluppo del rapporto fra gli emigrati italiani e la loro terra di origine attraverso le generazioni è stata la scoperta dell’aspetto centrale di questo rapporto: il fenomeno della visita di ritorno. Si può dire che gli italiani e i loro figli o sono in viaggio per visitare il paese, o sono impegnati a far progetti per una visita di ritorno, oppure sognano di tornare a farvi visita. In questo modo la loro vita è, almeno in parte, sempre orientata verso l’Italia. E anche per coloro che non l’hanno visitata spesso o non ci sono mai tornati l’Italia, o meglio il paese d’origine, ha un ruolo identitario molto importante. Gli emigrati vogliono infatti che i loro figli tornino, che vadano a conoscere l’Italia quasi come una sorta di Mecca. Una importante caratteristica dell’emigrazione è il distacco, come la partenza, che avviene dal paese verso il mondo esterno; il distacco è un avvenimento pubblico che non interessa solo l'individuo che parte o la sua famiglia, ma coinvolge tutto il paese. E questo legame tra l’individuo e il paese si ritrova poi nelle catene migratorie, nell'emigrazione cosiddetta «a ciliegia»: una ciliegia tira l’altra che nel paese di adozione si traduceva in comunità caratterizzate da associazioni che portavano il nome dei vari paesi di origine. Col passare del tempo,l'emigrazione divenne, più che una catena, un insieme di grappoli connessi fra di loro. Per loro non c’è che un rimedio alla «nostalgia», al doloroso desiderio di «ritorno» (il nostos greco): una visita al paese per bere l’acqua delle fontane locali, per riposarsi al sole di «casa», per sentire suonare le campane della chiesa etc.etc I Paesi d’oltre Oceano o Australi rappresentano l’ancora della famiglia : l’Italia è il luogo della memoria. Questo è un problema che non si può spiegare con i paradigmi degli studi classici sull’emigrazione, giacché fa parte di un discourse sulla ricerca di una identità, riconosciuta come un bisogno psicologico dell’individuo. Con la visita di ritorno, l’emigrato della prima generazione scopre la perdita della patria e diviene eternamente condannato a cercarla. Il paese diventa santuario, e il viaggio al paese rappresenta una specie di pellegrinaggio di rinnovamento spirituale: si tratta di bere l’acqua delle fontane locali, di riposarsi al sole di «casa», di sentire suonare le campane della chiesa, di respirare l’aria del posto: sono, queste, esperienze che ristorano, rinvigoriscono e rinnovano. Per alcuni le visite di ritorno sono anche un modo di espiare la colpa di non essere rimpatriati, di non essere stati parte integrante del ciclo vitale delle loro famiglie italiane e della vita quotidiana del paese. Le visite offrono l’opportunità di riparare a queste mancanze. Per le prime generazioni a causa dei limitati mezzi di comunicazione di quei tempi, il ricordo dei familiari e del paese finiva spesso con l’affievolirsi, e alcuni di questi emigrati, anche se pochi, non sono mai tornati in Italia. Per quelli che sono tornati, però, la prima visita in paese è stata come il ritorno del figliol prodigo. Mantenere i legami oggi, non è più tanto difficile, anche a dispetto delle distanze,specialmente con l’introduzione della posta elettronica che permette ai corrispondenti di tenersi informati sui dettagli della vita di ogni giorno in modo molto frequente, e che spesso coinvolge la seconda generazione molto più facilmente che la corrispondenza o il telefono. In conclusione con l’avvento della nuova tecnologia Internet ed in particolar modo con la nascita dei siti web locali il concetto di madrepatria riprende forma in tutti i suoi aspetti. Chi risiede all’estero, oggi può ribadire a tutta questa frenetica globalizzazione inglesoide che nei paesi rurali della Calabria i segni della civiltà erano già di “casa” nei tempi antichi e che, pertanto, l’emigrante non è certamente un nomade senza radici. Paradossalmente, quella tendenza a volersi “inglesizzare” a tutti i costi e nel contempo denigrare le proprie radici non potrà che essere catalogata nelle grandi menzogne della storia umana in quanto la storia dei territori da cui provenivano i loro avi portano i segni tangibili di un’antica e indiscussa civiltà. I loro stessi avi furono portatori di questa civiltà nei paesi dove sono emigrati ( per questo oggi progrediti) con la prerogativa principale di rimanere nel bene e nel male Italiani, Calabresi e, nel nostro caso, SAMBIASINI!

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Riceviamo e pubblichiamo

I PRIMI SAMBIASINI EMIGRATI IN AUSTRALIA

Melbourne (Australia) 35° anniversario del Calabria Club fondato da un buon numero di sambiasiniNella foto da sinistra a destra: il Sindaco locale della zona dove si trova il Club, l'avv. Vincenzo Volpe e suo fratello Salvatore (Presidente del Club sambiasini), la signora e il viceConsole italiano,Gianni Sgro(Vicepresidente del Club Calabria) Salvatore Pullia (autore dell'articolo " I primi sambiasini in Australia ") tesoriere del Club.

di Salvatore Pullia
(Emigrato in Australia il 28 Febbraio 1955, ex studente liceale F. Fiorentino)

Pochi sanno che i primi sambiasini ad arrivare in Australia furono due cognati: Michelangelo Sesto e Pietro Murone che arrivarono a Melbourne nel 1928. Pieni di fiducia e pronti ad incontrare l'incerto futuro in questa vasta e allora sconosciuta terra erano certi che niente e nessuno li avrebbe fermati dal rincorrere la loro fortuna.
Purtroppo arrivati a Melbourne i due cognati in cerca di lavoro dovettero separarsi. Michalangelo ando nella zona sud est di Melbourne chiamata Gippsland a lavorare come tagliaboschi e Pietro ando a 400 Km. a nord di Melbourne in un piccolo centro agricolo chiamato Robinvale dove si dedico alla cotivazione dei campi.
Seguiamo adesso uno per volta questi due cognati,pionieri dell'emigrazione sambiasina in Australia. Michelangelo fu costretto a vivere in condizioni estremamente difficili e precarie mentre si trovava nel Gippsland pero dopo un po di tempo rientro a Melbourne.
Qui lo raggiunse nel 1930 il figlio Gregorio che aveva solo16 anni. Gregorio fu il primo di tanti giovani che arrivati in Australia perdettero la loro identita australianizzando il suo nome da Gregorio a George che era piu facile pronunciare in inglese. Nell'emigrazione del dopo guerra i Salvatore diventeranno Sam o Sal i Giovanni saranno chiamati John,i Pasquale diventeranno Pat e via di seguito.Ma torniamo alla famiglia Sesto. Dopo che Michelangelo fu raggiunto dal figlio egli decise che l'Australia era la terra che avrebbe potuto dare un migliore futuro alla sua famiglia; e cosi tra il 1933-34 lo raggiunse pure sua moglie Laura Murone con le figlie Michelina di 16 anni, Lina di otto anni e Giovanni di 6 anni che impiegarono quasi due mesi per arrivare a Fremantle sulla costa occidentale dell'Australia con la nave Flaminia.Tutta la famiglia prese inaffitto due camere in un sobborgo di Melbourne chiamato Fitzroy ma dopo pochi mesi si trasferirono a Peel Street west Melborne dove rimasero fino al 1954 quando andarono ad abitare in una altro sobborgo chiamato Strathmore.
A quei tempi Michelangelo guadagnava 45 scellini alla settimana uguale a $4.50 di oggi lavorando in una cava di pietre e 21 di questi 45 scellini andavano per l'affitto della casa.Naturalmente questa paga non era sufficiente per mantenere una famiglia di 5 persone e cosi la sgnora Laura si diede alla preparazione di cibi che vendeva agli agricoltori che venivano dalla campagna a vendere frutta e verdura al mercato di Melbourne.E poi venne la guerra! Il figlio maggiore George fu internato mentre il resto della famiglia,benche fu loro permesso di rimanere a Peel Street,dovette subire gli insulti e maltrattamenti da parte degli Australiani che da amici erano adesso diventati nemici.
Intanto Petro Murone come accennato prima si trovava a Robinvale occupato nella coltivazione dei campi.Qui lo raggiunse nel 1937 la moglie Teresa Guerresi col figlio Rosario,e li Petro rimase per tutto il periodo della guerra.Finita la guerra Pietro e la mogliesi trasferirono a Melbourne e precisamente al 59 Rosylin Street,West Melbourne.I due figli maschi invece si trasferirono in una cittadina Hay nella Nuova Galles del Sud al confine con lo Stato del Victoria. Qui comprarono una fattoria che precedentemente era stata un campo di prigionieri italiani durante la guerra e li si trovano tutt'ora insieme con i fratelli Francesco e Vincenzo Ruberto emigrati negli anni '50. Purtroppo Francesco Ruberto ci ha lasciato un paio di anni fa.
Finita la guerra, l'Australia venne a trovarsi in una situazione difficile. La popolazione era scarsa e stava invecchiando. Durante la guerra aveva corso il pericolo di essere invasa dai Giapponesi col bombardamento di Darwin al Nord e cosi spinta piu dal bisogno di salvaguardare se stessa sul piano difensivo ed economico e non spinta da un senso umanitario di offrire alloggio a tutti i senza tetto e sfollati dell'Europa,l'Australia apri le porte all'immigrazione in massa del dopoguerra.
A Sambiase intanto,dopo la guerra le cose erano piu che peggio.I sambiasini,agricoltori nati,capirono bene che se volevano migliorare le loro condizioni dovevano abbandonare i loro campi e andare a cercare lavoro all'estero.
L'Australia, che per la maggioranza di noi era un paese lontano lontano abitato da canguri e aborigeni che pensavamo erano anche cannibali,alletto molti sambiasini.Ma per emigrare ci voleva un atto di richiamo. A chi rivolgersi? Quel Michelangelo Sesto che era emigrato nel lontano 1928 ricevette richieste sopra richieste di atti di richiamo da parte dei suoi compaesani. E cosi comincio l'esodo di centinaia e centinaia di sambiasini che vennero a sistemarsi qui in Australia.
I primi ad arrivare nel 1948 furono Francesco Aloe,Giovanni Sesto e Vincenzo Pansino. Naturalmente tutti andarono ad abitare a Peel Street dove Michelangelo Sesto e sua moglie Laura Murone li accolsero con grande affetto ed entusiasmo volendo sapere notizie dei parenti ed amici che avevano lasciato a Sambiase tanti anni addietro.
Dopo l' arrivo di queste tre prime persone fu un susseguirsi di atti di richiamo. Francesco Aloe chiamo suo fratello Gregorio e poi nel 1950 arrivarono Pasquale Murone Giuseppe Aloe, Salvatore Aloe e Salvatore Sesto. Pasquale Murone ando ad abitare a Rosylin Street da Pietro Murone mentre gli Aloe e i Sesto andarono a Peel Street da Michelangelo Sesto. Da allora la casa di Peel Street divento il punto di incontro e di smistamento dei sambiasini che settimanalmente arrivavano dall'Italia e la signora Laura Murone divento la zia Laura di tutti e cosi fu sempre chiamata fino alla sua morte.
Tanti e tanti altri Sambiasini arrivarono negli anni '50; io arrivai agli inizi del'55 chiamato da mio fratello Fortunato che era arrivato nel '53. Nominare tutti sarebbe un arduo compito. Basti dire che tutti ci dedicammo al lavoro con onesta e buona volonta,consci di quello che avevamo lasciato e fiduciosi nel futuro che qui sembrava piu radioso e promettente. Tutti ci siamo fatti onore lavorando duro e rispettando amici e parenti! Tanti anni ormai sono passati! Molti hanno lasciato questo mondo,moltri altri adesso sono pensionati, altri ci stiamo avvicinando a quella soglia, ma Sambiase rimarra sempre nei nostri cuori,perche e il paese dove siamo nati, dove abbiamo passato la nostra infanzia, e anche se la maggioranza di noi siamo diventati cittadini australiani,noi saremo saremo sempre orgogliosi di essere S A M B I A S I N I e io personalmente ringrazio a chi ha avuto questa brillante idea di creare questo sito Sambiase.com che navigandolo ci fa rivivere la nostra fanciullezza. Grazie.


 

La redazione di www.sambiase.com invita i nostri visitatori emigrati all'estero di volerci inviare le loro storie. Saranno pubblicate. Grazie di cuore.