Storia antica

Le grotte del monte Sant'Elia e il tesoretto d'Acquafredda

seliaLa presenza umana sul nostro territorio molto probabilmente ci riconduce al periodo neolitico. Questo grazie al materiale protostorico ritrovato nelle grotte del monte Sant'Elia. Tra il 1914 ed il 1923, Paolo Orsi nel svolgere a più riprese la ricognizione sul nostro territorio in particolare nell’area carsica del monte S.Elia ebbe il modo di registrare nel suo taccuino il ritrovamento ed il recupero da parte dei carabinieri di materiali fittili protostorici riferibili secondo il suo giudizio all' età neolitica.

Al medesimo ritrovamento probabilmente si riferisce la notizia di materiali ceramici scoperti in una caverna conosciuta al volgo locale come "U valluni d'ù Colonnellu" (il vallone del Colonnello è uno dei vistosi burroni che in più punti incidono le fiancate del monte S.Elia); nel maggio del 1920 a seguito dello scoppio di una mina per l'estrazione di pietra calcarea, l'articolo pubblicato da Enrico Borrello sul « Il giornale d'Italia» del 1942; riferiva del ritrovamento di vario materiale anche numismatico tra cui «una bellissima piletta a vernice nera» in possesso di un privato. Altre grotte, tra cui quella denominata `Ntonimaria" di notevole profondità e suggestione, sul versante sud e sud-orientale del monte Sant'Elia, tra la vecchia cava e l'attuale, in prossimità del torrente Spilinga, fu segnalata dal gruppo speleologico Club alpino italiano, la presenza di una vasta campionatura di cocciame molto antico tra cui una serie di manici di varie dimensioni dal quale ritrovamento fece denominare la grotta come “’La Gotta delle manichelli”. Di questo fenomeno sé ne occupò nel 1992 Gian Domenico Cella nel suo scritto Fenomini carsici al monte una S.Elia, in “Labirinti”, Bollettino del gruppo grotte Club alpino italiano, Novara,n. XXII,pp.2-9.

Non è dunque né casuale né privo di significato il fatto che da una località sovrastante queste grotte del monte Sant'Elia provenga il più antico ripostiglio di monete greche del Lametino meglio conosciuto come “il tesoretto di Acquafredda” che allo stato è anche il più antico rinvenimento di moneta coniata in Italia. Fu rinvenuto per caso nel 1959 da un certo Giuseppe Rocca di contrada Acquafredda, frazione di Sambiase, nelle anfrattuosità di un masso roccioso ai margíni di una piccola radura in località Polveracchio. Il tempestivo intervento dell'ispettore onorario di zona, Enrico Borrello, permise il recupero di gran parte di esso e la consegna al soprintendente alle antichità della Calabria del tempo.

vedutagolfoL’eccezionale ritrovamento allo stato era costituito da 56 stateri argentei delle prime serie di Sibari, da due «pegasi» di Corinto e da un panetto d'argento di forma trapezoidale di grammi 57 (pari a 7/8 stateri non monetati. Non meno rilevante è il luogo del ritrovamento esso si presenta con un notevole impatto panoramico che ha meritato da parte di qualcuno la definizione di «colle dell'infinito» in quanto è possibile abbracciare ad occhio nudo,guardando verso mezzogiorno,tutta la piana lametina e l’intero arco del Golfo di S.Eufemia,da Capo Vaticano a Capo Suvero con la sagoma fumante dello Stromboli in mezzo al mare; volgendo poi lo sguardo ad est, e possibile invece vedere l’intera vallata del fiume Amato ed oltre, fino allo Ionio. Certamente in questa parte del monte S.Elia era legato alla sua utilizzazione come eccezionale punto di vedetta sulla piana. Gli esemplari sibariti ritrovati nel "tesoretto di Acquafredda" hanno consentito di fissare al 530 a.C. circa l'epoca dell'occultamento dello stesso.

 

L'articolo è tratto dal volume LAMEZIA TERME Storia Cultura Economina,Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (Cz) 2001 - capitolo: "Il golfo - napetino - e il popolamento prostorico tra l'Amato e le grotte del Sant'Elia" di Giovanna De Sensi Sestito e Stefania Mancuso, p 26-29.